11,00 - Questa mattina i carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Enna, in Barrafranca (EN), Pietraperzia (EN), Catania, Palermo e Wolfsburg (Germania) hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il locale Tribunale, su richiesta della Procura della Repubblica di Caltanissetta – Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di 46 soggetti (tra i quali un minorenne, all’epoca dei fatti) affiliati o contigui alle famiglie mafiose di Barrafranca e Pietraperzia.
Uno degli affiliati di spicco del sodalizio, Giuseppe Emilio Bevilacqua, è stato localizzato e catturato in Germania grazie al supporto del BKA e della polizia tedesca, con il coordinamento operativo dell’Agenzia di Polizia europea Europol. I reati contestati, a vario titolo, sono associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo smercio di stupefacenti, estorsioni, corruzione aggravata dall’aver favorito l’associazione mafiosa, detenzioni di armi e assistenza agli associati.
Trentacinque le persone finite in carcere: Raffaele Bevilacqua, Flavio Alberto Bevilacqua, Giuseppe Emilio Bevilacqua, Luigia Bellomo, Adriano Giuseppe Bevilacqua, Andrea Blasco, Filippo Bonelli, Davide Cardinale, Domenico Cardinale, Fabio Cardinale, Angelo Cutaia, Andrea Ferreri, Calogero Ferreri, Agatino Maximilian Fiorenza, Davide La Mattina, Giuseppe La Mattina, Luigi Fabio La Mattina, Valentino La Mattina, Dario La Rosa, Filippo Milano, Giovanni Monachino, Vincenzo Monachino, Salvatore Paternò, Salvatore Privitelli, Massimo Riggi, Vincenzo Russo, Alessandro Salvaggio, Salvatore Salvaggio, Giovanni Strazzanti, Salvatore Strazzanti, Sebastiano Tasco, Mirko Filippo Tomasello, Giuseppe Trubia, Angelo Tumido, Marco Salvatore Vaccari.
Dieci le persone agli arresti domiciliari: Maria Concetta Bevilacqua, Abigail Bellomo, Rosetta Bellomo, Salvatore Blasco, Rosario Corvo, Stella Crapanzano, Davide Pagliaro, Cateno Sansone, Giuseppina Srazzanti, Giuseppe Zuccalà. Emessa anche un’ordinanza applicativa della custodia cautelare nei confronti della minore S.S.
Contestualmente è stato notificato anche un decreto di sequestro preventivo di beni (società, beni immobili e conti correnti) per un valore di oltre un milione di euro.
L’indagine è stata avviata nel maggio 2018 successivamente alla concessione del benefico della detenzione domiciliare – per ragioni di salute – a Raffaele Bevilacqua, già condannato per associazione di tipo mafioso nel c.d. proc. Leopardo, che tra la fine degli anni ’80 e i primi anni del 2000 era non solo componente del direttivo della Democrazia Cristiana ed in strettissimi rapporti con Salvo Lima, ma anche al vertice di Cosa Nostra ennese per diretta investitura di Bernardo Provenzano.
Bevilacqua è stato, inoltre, condannato all’ergastolo per essere stato riconosciuto mandante – unitamente a Francesco “Ciccio” La Rocca- dell’omicidio di Domenico Calcagno perpetrato a Valguarnera Caropepe nel maggio del 2003.
L’immediato monitoraggio avviato dai militari del ROS ha consentito di documentare come il lungo periodo di detenzione, anche in regime di cd “carcere duro”, non avesse minimamente fiaccato lo spirito di Bevilacqua il quale, non appena ritrovata la “libertà”, ha ripreso immediatamente la direzione della famiglia mafiosa con il fondamentale apporto dei suoi familiari.
In spregio ai vincoli imposti dal regime di detenzione domiciliare l’appartamento di Catania – presso il quale egli era ristretto – diveniva il crocevia di importanti incontri con altri storici affiliati, primi fra tutti gli uomini d’onore Alessandro Salvaggio e Salvatore Privitelli, nel corso dei quali venivano decise strategie e progettate le azioni da compiere, alcune anche molto gravi.
Dalle indagini è emerso che il carisma ed il rispetto di cui godeva Bevilacqua siano rimasti intatti nonostante il tempo trascorso; indicativo in tal senso è il gesto compiuto dall’anziano uomo d’onore Alessandro Salvaggio il quale, rivedendo il suo capo famiglia dopo più di 15 anni, al momento dei saluti gli baciava le mani in segno di immutato rispetto.
Nel progetto di riorganizzazione della famiglia mafiosa posto in essere da Raffaele Bevilacqua hanno assunto un ruolo cardine i suoi figli Flavio Alberto e Maria Concetta, quest’ultima avvocato del foro di Enna.
Il primo era l’interfaccia del padre con il territorio ed in tale prospettiva si è occupato di tenere i contatti con gli altri affiliati e di concordare le azioni da intraprendere.
Maria Concetta Bevilacqua, invece, dimostrando fierezza del ruolo ricoperto dal padre all’interno dell’organizzazione mafiosa e piena adesione alla stessa, non solo era solita compiacersi per il “rispetto” che le veniva tributato, ma, approfittando della sua professione, incontrava presso il suo studio legale di Barrafranca gli affiliati ai quali consegnava i “pizzini” scritti dal genitore con gli ordini da eseguire. La stessa al pari del fratello, partecipava alla scelte strategiche del gruppo criminale, organizzava gli incontri presso la casa di Catania e, ancora una volta sfruttando il suo ruolo di legale, attuava una serie di manovre volte ad evitare il ritorno in carcere del congiunto. Emblematico per tratteggiare la personalità della donna è il richiamo al dialogo intercorso tra lei e il padre subito dopo l’incontro che il Bevilacqua aveva avuto con Alessandro Salvaggio. In particolare, la donna chiedeva con insistenza al congiunto se egli avesse ricevuto l’ossequioso rito del “baciamano”. Ottenutane conferma ribatteva, con parole che ci riportano indietro nel tempo, “.… e io comunque quando tu muori fra 100 anni io mi auguro…io mi auguro… mi auguro di avere dei figli…che gli devo raccontare tutte queste cose...” a dimostrazione che la “liturgia mafiosa”, ancora oggi viva, suscita nell’avvocato Maria Concetta Bevilacqua orgoglio e complicità col padre, “uomo d’onore” di Cosa Nostra le cui azioni vengono ritenute degne di essere raccontate ai figli quasi fossero gesta eroiche.
A conferma che il tempo e la detenzione non abbiano rescisso il legame con l’organizzazione veniva documentato come Filippo Milano, anch’egli storico affiliato alla consorteria barrese, nel tempo avesse consegnato ai famigliari del suo capo cospicue somme di denaro con le quali, come la moglie del boss Giuseppa ammetteva, aveva provveduto a soddisfare i “piaceri” dei figli, tra cui la festa di laurea di Maria Concetta pagata proprio con il denaro provento di attività illecite.
Raffaele Bevilacqua tornato sulla scena metteva in moto una serie di azioni criminali volte a assumere il pieno controllo del territorio ed assicurarsi lauti ritorni economici, individuando nell’appalto del valore di 7.5 milioni di euro per la gestione dei RSU del comune di Barrafranca il più importante obiettivo. La famiglia Bevilacqua – Raffaele, Flavio Alberto e Maria Concetta – agiva con l’ausilio di Alessandro Salvaggio e del figlio di questi, Salvatore, di Salvatore Privitelli e di Luigi Fabio La Mattina, imponendo all’ATI agrigentina vincitrice dell’appalto l’affitto degli spazi per il ricovero dei mezzi per un importo annuo di 27.000 euro e facendosi pagare il “pizzo” attraverso bonifici così da giustificare i pagamenti come “regolare” canone di locazione.
Ovviamente la riaffermazione della presenza sul territorio passava anche attraverso azioni meno “sofisticate” e più “tradizionali” quali l’attentato incendiario commesso in danno del ”Supermercato Decò” di Barrafranca del “Gruppo Arena” nella nottata del 15 settembre del 2018. Azione finalizzata a mandare un chiaro segnale a tutte le attività commerciali di doversi mettere “a posto”, come lo stesso Raffaele Bevilacqua spiegava al figlio affermando che nel momento in cui l’imprenditore avrebbe ricevuto “la botta” sicuramente “questo si smuove”.
Tale era la volontà di avere il controllo pieno e totale di tutte le attività illecite che Raffaele Bevilacqua stabiliva d’imperio che il traffico e lo spaccio di droga dovevano essere gestiti in toto dalla famiglia mafiosa dalla quale erano costrette a rifornirsi tutte le piazze di spaccio presenti su Barrafranca. Grazie al penetrante monitoraggio investigativo era possibile ricostruire l’intera filiera – di cui erano partecipi anche i vertici dell’alleata famiglia di Pietraperzia – caratterizzata da una rigida compartimentazione volta a tentare di eludere eventuali indagini.
Venivano individuati in soggetti appartenenti alla criminalità organizzata catanese i fornitori ai quali si erano rivolti Salvatore Privitelli e Fabio Luigi La Mattina grazie all’intermediazione del catanese Marco Vaccari.
La gestione delle piazze di spaccio riconducibili alla famiglia mafiosa era demandata a Salvatore Strazzanti e Andrea Ferreri; Filippo Bonelli, Davide e Valentino La Mattina erano deputati al controllo e alla raccolta del denaro provento dello spaccio da consegnare ai vertici della famiglia. E’ in questa fase che l’indagine del ROS è andata ad intersecarsi con quella condotta dal Comando Provinciale di Enna, che su delega della DDA nissena stava svolgendo parallele attività in ordine al traffico di stupefacenti – cocaina e marijuana – nel Comune di Barrafranca, documentando una incessante attività di spaccio nella quale venivano impiegati anche minorenni.
La portata dell’affare era tale che sono stati documentati momenti di forte attrito, sfociati in scontri anche particolarmente violenti, per la gestione di alcune zone tra gli appartenenti alla rete di smercio riconducibile alla famiglia mafiosa e a “gruppi autonomi”, conflitti giunti a un livello tale da richiedere l’intervento diretto di Raffaele Bevilacqua che ordinava a Privitelli di “mettere pace”.
E’ proprio nel corso delle perquisizioni effettuate a riscontro dell’attività di spaccio che a Salvatore Strazzanti e a Valentino La Mattina venivano sequestrate varie armi da fuoco e un libro mastro con la rendicontazione dell’attività di spaccio.
L’indagine, infine, oltre a consentire di raccogliere ulteriori utili elementi in ordine all’omicidio di Filippo Marchì’ per il quale sono già a giudizio i vertici della famiglia di Pietraperzia, ha permesso di documentare come la famiglia mafiosa fosse in grado di incidere attraverso amministratori compiacenti sulle scelte del Comune di Barrafranca. E’ stata accertata infatti la diretta e fondamentale partecipazione di Giuseppe Zuccalà, Responsabile del IV Settore – Gestione del Territorio Infrastrutture e Servizi Manutentivi del Comune, nell’assegnazione di un appalto, con il metodo dell’affidamento diretto all’imprenditore Salvatore Blasco, risultato essere in stretti rapporti con la famiglia Bevilacqua.
07,00 - Maxi operazione antimafia dei Carabinieri del Ros in Sicilia. Eseguite 46 misure cautelari tra la Sicilia e la Germania con le accuse per traffico di stupefacenti, estorsione, corruzione aggravata dall'aver favorito l'associazione mafiosa, detenzione di armi da fuoco.
Il provvedimento è stato emesso dal gip di Caltanissetta su richiesta della locale procura distrettuale.
Contestualmente è in fase di notifica anche un sequestro di beni per un valore di oltre un milione di euro. I dettagli dell'operazione, denominata 'Ultra', saranno illustrati durante una conferenza stampa in programma alle 11 nell'Aula magna del Tribunale di Caltanissetta, alla quale parteciperanno il procuratore Amedeo Bertone e il comandante del Ros, generale di divisione Pasquale Angelosanto.
Ieri invece l’operazione “Alastra” ha assestato un duro colpo al mandamento mafioso di San Mauro Castelverde, svelando un asfissiante sistema estorsivo interrotto dalla ribellione di imprenditori e commercianti. Dal carcere di Voghera, in cui è rimasto detenuto fino all’aprile 2019 in regime di alta sicurezza, il boss Domenico Farinella aveva ordinato agli associati liberi di intensificare la presenza sul territorio, avviando una nuova spirale di estorsioni ai danni dei commercianti. I carabinieri, coordinati da un pool di magistrati guidato dal procuratore Salvatore De Luca, hanno fatto luce sulle dinamiche criminali del mandamento mafioso che, all’indomani dell’operazione “Black Cat” del 2016, ha serrato le fila ed ha continuato ad operare sul territorio, imponendo il proprio potere.