Su circa 8.000 chilometri di litorale italiano, il 50% delle spiagge è soggetto a erosione e in 50 anni si sono persi in media 23 metri di profondità di spiaggia su 1750 km di litorale. In 50 anni l’erosione ha divorato 40 milioni di metri quadrati di spiagge.
A lanciare l’allarme su questa vera e propria emergenza ambientale per la Penisola è Legambiente, che ha presentato lo studio sullo stato di erosione delle coste in Italia e inaugurato il portale dell’Osservatorio Paesaggi Costieri Italiani.
Legambiente ha elaborato un quadro dell’evoluzione dell’erosione delle nostre coste tra il 1970 e il 2020 (partendo dagli ultimi dati pubblicati dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con ISPRA e con le 15 Regioni marittime) e un’analisi di questo vero e proprio disastro ambientale, paesaggistico, economico e sociale.
Le cause principali sono da attribuire ai cambiamenti molto rilevanti introdotti negli ultimi decenni sulle coste dal consumo di suolo, con la costruzione di edifici e di nuove opere infrastrutturali portuali o di opere rigide a difesa dei litorali. Con i rischi quasi certi che i cambiamenti climatici in atto inaspriscano ora ancora più drammaticamente il fenomeno.
“Monitorare i processi in corso è un prerequisito ineludibile per supportare le scelte di governo e pianificazione, alle diverse scale territoriali, e migliorare le condizioni di tutela dei nostri patrimoni vista mare – dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente -. L’erosione è un fenomeno che contraddistingue da sempre le aree costiere, per ragioni naturali e antropiche, ma che nei prossimi anni diventerà ancora più urgente e importante studiare e comprendere nelle sue dinamiche per i cambiamenti climatici che già caratterizzano il Mediterraneo e sempre più lo caratterizzeranno con innalzamento del livello dei mari e impatti di fenomeni meteorologici sempre più rilevanti. In particolare, è urgente che l’Italia approvi un piano nazionale di adattamento al clima, come hanno già fatto tutti gli altri grandi paesi europei, che consideri le coste tra le priorità e che supporti i Comuni nella pianificazione delle soluzioni e negli investimenti, per superare la logica dell’emergenza e degli interventi invasivi, che non fanno che peggiorare le situazioni e scomparire le spiagge”.
La situazione delle Costa in Sicilia - Su un totale di 1.088 chilometri di costa, 662 km (il 61%) sono urbanizzati e dunque trasformati da interventi antropici, principalmente per usi urbani, residenziali e turistici. Una parte consistente di questi interventi è abusiva, solo in parte oggetto di condono edilizio, perché in Sicilia il cemento illegale ha prodotto danni particolarmente rilevanti lungo la costa.
Più precisamente, 130 km sono occupati da opere infrastrutturali e industriali, mentre si calcolano 182 km di paesaggio urbano molto denso nei tratti principali rappresentati da Trapani, Torre Muzza, Mondello, Romagnolo, Catania, Siracusa e il tratto che va da Nizza di Sicilia a Sant’Alessio Siculo. 350 sono i chilometri di costa occupata da insediamenti con densità più bassa e la Sicilia è tra le regioni italiane che presentano un consumo di suolo con queste caratteristiche tra i più rilevanti.
Molti tratti di paesaggi agricoli o naturali sono ormai interessati da insediamenti frammentati a bassa densità, in parte abusivi: in particolare i tratti da Fiume Grande a Kalura, da Torre Faro a Itala Marina, da Brucoli ad Augusta, da Granelli a Punta Secca, da Gela a Siculiana Marina, da Sciacca a Mazara del Vallo. Solo 196 km risultano oggi integri come paesaggi agricoli, mentre si sono conservati 230 km di paesaggi naturali, in parte rocciosi e in parte ricadenti in aree protette.
Per quanto riguarda la conformazione della linea di costa, 395 km (il 36%) risultano essere rocciosi, 425 km (il 39%) risultano spiaggia, mentre ben 268 km (il 25%) di costa è ormai irreparabilmente artificializzata dalla realizzazione di porti, tessuti urbani, e altre infrastrutture, per lo più strade che hanno tagliato lunghi tratti di paesaggio naturale e agricolo.
La trasformazione del paesaggio costiero tra il 1988 e il 2012 - Sovrapponendo le foto satellitari è stato possibile misurare il consumo di
costa avvenuto nel lasso di 24 anni che va dal 1988 al 2012 e dall’analisi si evince che si sono persi altri 65 chilometri di costa, cioè il 6% è stato cancellato dal cemento in un periodo in cui erano in vigore dei vincoli paesaggistici. Lo studio ha concentrato l’attenzione in particolare sulle aree prossime alle spiagge (come si evince dai grafici), ma se si guarda le carte con attenzione, si coglie immediatamente anche un aumento, davvero preoccupante, dell’urbanizzazione nelle aree interne, attraverso la crescita di un edificato diffuso in aree agricole ma anche intorno ai centri urbani. Qui sotto confronto fotografico di triscina tra il 1988 e il 2012:
Il fenomeno più evidente e preoccupante rimane comunque la continua diffusione di un edilizia a bassa densità a scapito di paesaggi agricoli e naturali: soprattutto lungo le coste a sud, le meno urbanizzate e prive di centri importanti, dove si registra una progressiva riduzione dei tratti agricoli perché contaminati per lo più da edilizia residenziale e da seconde case. Impressionante è quanto avvenuto tra Messina e Milazzo, e in tutta l’area palermitana, quella di Castellamare del Golfo, quella di Trapani e tra Siracusa e Messina, ad Agrigento.
Le immagini satellitari successive, per esempio, mostrano come ad Augusta le strade trasversali alla linea di costa si stiano progressivamente saturando;l’ampliamento dell’edificato di aree concentrate a Custonaci in provincia di Trapani, a Gela in provincia di Caltanisetta; l’aumento diffuso dell’edificato a Licata, le tante aree caricate di cemento a Messina, il complesso alberghiero con campo di golf e centro benessere a Sciacca, sulla foce del fiume Verdura. Tra quelli rimasti “integri” è evidente il ruolo di tutela svolto dal sistema delle riserve costiere. Qui il confronto fotografico della situazione a Custonaci nel 1988 e nel 2012:
Mentre per gli altri tratti ancora non costruiti nella parte di pianura, agricoli o naturali, la situazione è molto delicata per la vicinanza di infrastrutture stradali e quindi il rischio di nuova edificazione legale (perché prevista dai piani urbanistici comunali) o abusiva.
Lo studio ha evidenziato che solo il 15% del litorale risulta interessato da aree protette: per queste ragioni è arrivato il momento di cambiare le politiche, in modo da rendere la tutela davvero profonda e incisiva. In questa direzione si può asserire che il modello di turismo di cui ha bisogno la Sicilia non è quello dei resort e dei villaggi turistici lungo la costa, ma di una riqualificazione diffusa e della valorizzazione dei centri e dell’edilizia esistente. La prospettiva da scongiurare è che i litorali, le spiagge, le foci fluviali e le aree naturali indifese vengano progressivamente, anno dopo anno, trasformati per la diffusione di centri a bassa densità e per la crescita dei centri più importanti.