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30/07/2020 06:00:00

Messina Denaro e le stragi /15. Il tentativo di omicidio di Borsellino a Marsala e il "No" dei boss

Continuiamo anche oggi il nostro approfondimento sulla requisitoria del pm Paci al processo per le stragi che si sta tenendo Caltanissetta.  (Qui la prima parte e qui la seconda )

L'odio di Riina e i tentativi di omicidio di Paolo Borsellino - Riina nutre un profondo rancore nei confronti di Borsellino, perché dopo il processo Basile, Riina prova ad avvicinarlo e trova l’impossibilità di contattarlo. Riina diceva ai suoi che era determinato ad ucciderlo: “rumpemuce i corna”. Paolo Borsellino rischia già di morire un paio di volte nel 1988, lo dice Rosario Cangemi, che afferma che ci sono stati dei pedinamenti e che si doveva fare un favore ai Trapanesi, Messina Denaro e Mariano Agate che in quel momento è in carcere. Non è l’unico tentativo di omicidio di Borsellino, un secondo tentativo avviene a Marina Longa, dove Borsellino ha una casa per il periodo estivo. Lo dice Siino che è un favore che va fatto ai trapanesi e che vede coinvolto Balduccio Di Maggio. Nell’87, opera, infatti, uno studio di fattibilità per l’uccisione di Borsellino, nella località marinara, nell’88 un altro tentativo viene studiato a Palermo, nei pressi della casa dove risiedeva Borsellino. 

Borsellino deve essere ucciso a Marsala - Falliti questi progetti, ci si sposta su Marsala dove Borsellino lavorava dal 1986. Dice Siino che nel 91, lui parla con Mastro Ciccio, (Francesco Messina) il mazarese, in quel momento capo di Mazara del Vallo perché Mariano Agate è in carcere dice che non è stato possibile fare l’attentato a Borsellino perché i mafiosi marsalesi, Vincenzo D’Amico, capo della famiglia di Marsala e Francesco Caprarotta, consigliere della famiglia, entrambi si sono opposti all’omicidio di Borsellino nel loro territorio. I marsalesi - ha affermato Siino – che erano a posto, erano ben garantiti a Marsala e non avevano bisogno di ammazzare Paolo Borsellino.

I marsalesi dicono "No all'omicidio di Borsellino" in città - I Marsalesi “cornuti e tinti” si oppongono. Siino e Sinacori confermano come i Marsalesi si siano opposti all’omicidio Borsellino a Marsala. Le dichiarazioni di Siino trovano conferme anche con Nino Giuffrè. Mentre Siino lavorava ai più importanti appalti, un potente massone che ha gestito gli affari per Cosa nostra, Giuffrè è mafioso, ed è capomandamento di Caccamo, e pure lui dice che Borsellimo bisognava ammazzarlo a Marsala perché era diventato pericoloso, lo definivano “fumo negli occhi” e lo volevano eliminare in quel territorio. Tra coloro che dovevano attuare questo piano c’erano Totò Riina, Matteo Messina Denaro e i mazaresi Mariano Agate e Francesco Messina (Mastro Ciccio). Anche Giuffrè racconta il particolare della famiglia di Marsala che si sarebbe opposta all’eliminazione di Borsellino nel proprio territorio comunale. Vertici che per questo sarebbero sono stati eliminati per volontà da Riina.
C’è un terzo collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo che parla dei mafiosi marsalesi che si oppongono. “I D’Amico di Marsala – afferma Guffré - si dicono contrari alle stragi e all’uccisione di Borsellino nel loro territorio comunale”. Giuffré ripete le stesse cose di Siino, c’è un riscontro perfetto sul tentativo di uccisione di Borsellino a Marsala.  Una certezza è che Matteo Messina Denaro è pienamente consapevole che Paolo Borsellino fa parte della strategia.

L'uccisone decisa da Riina dei boss marsalesi, Vincenzo D'Amico, Francesco Caprarotta e Gaetano D'Amico - Ma vediamo cosa succede a Marsala per questo “No” della famiglia mafiosa, all’eliminazione di Borsellino a Marsala. L’11 gennaio del 1992 vengono uccisi Vincenzo D’Amico e Francesco Caprarotta e a febbraio viene ucciso Gaetano D’Amico che è il fratello di Vincenzo. Il terzo fratello, Francesco D’Amico, lo cercheranno a lungo ma non riusciranno ad ucciderlo. L’incarico di ucciderli ce lo dice Antonio Patti e Sinacori. Riina in una cena di Natale organizzata a Mazara, dove si fa accompagnare da Matteo Messina Denaro, si rivolge ad Antonio Patti che di omicidi se ne intende perché ne ha fatti trentasei, dicendogli: “Antonio, abbiamo queste spine a Marsala”. Patti è l’unico marsalese e questo gli fa capire a lui, semplice soldato di Marsala, come si stia decidendo qualcosa di grosso. Patti era un seguace di Totò Riina e soprattutto quello che deve tradire il suo capo Vincenzo D’Amico. Patti ha un po’ la stessa funzione di Ferro ad Alcamo nei confronti di Milazzo.

Antonio Patti il superkiller di Marsala - Patti è uno che spara e spara “bene”. Lui stesso dice che per distinguersi e per avere una bella macchina, ha cominciato a sparare. L’11 gennaio, come detto, vengono uccisi entrambi, Caprarotta e D’Amico, decisione presa da Riina nella cena di Mazara, nel commando per il duplice omicidio c’è anche Matteo Messina Denaro.  Nell’ambito del processo "Omega" viene ripercorsa la vicenda del duplice omicidio, e a ricostruirla sono propripo i collaboratori, Antonio Patti, killer di Marsala, traditore di Vincenzo D’Amico, e Carlo Zichittella, capo della banda che si contrappone a Cosa Nostra a Marsala, dove scoppierà una guerra nel giugno del 92 che vedrà Cosa nostra contro Zichittella e la sua banda. D’Amico Vincenzo e Caprarotta Francesco, che erano stati posti ai vertici della famiglia di Marsala, nell’82, proprio da Riina, sono stati uccisi per il netto diniego all’omicidio di Paolo Borsellino a Marsala. Continua…