“Vicino ad ambienti criminali”. E’ quanto si afferma di Matteo Bucaria, a lungo considerato un “imprenditore antimafia” e recentemente arrestato con l’accusa di essere stato il mandante del tentato omicidio del cognato Domenico Cuntuliano, in una “cnr” redatta già tre anni fa dalla Guardia di finanza.
Nel rapporto, poi sfociato nel processo che ha portato patteggiamento del costruttore per bancarotta fraudolenta, i militari del Comando Gruppo di Trapani scrivono che in merito alla “personalità del Bucaria, si ritiene eloquente riportare alcuni stralci di atti e/o documenti che dimostrano la vicinanza dello stesso ad ambienti criminali trapanesi”.
In particolare, viene citato uno stralcio della sentenza della VI sezione della Corte d’appello nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione al defunto ex assessore regionale al Territorio e Ambiente Bartolo Pellegrino. Poi, assolto sia in primo che secondo grado. Lo stralcio è quello in cui vengono riportate le dichiarazioni di Nino Birrittella, indiziato mafioso e poi collaboratore di giustizia, braccio imprenditoriale del boss mafioso trapanese Ciccio Pace. Il collaboratore di giustizia, scrivono i giudici, parlava anche di alcuni lavori di urbanizzazione che nel 2005 stava eseguendo l’impresa di Matteo Bucaria. “Raccontava il dichiarante – scrivono i giudici - di essere stato chiamato dal Pace e condotto dallo stesso presso il cantiere della ditta Bucaria ove l'odierno imputato gli mostrava i resti dell'incendio di una baracca e di una pala, pertinenti a tale cantiere, di cui si attribuiva sostanzialmente la paternità spiegandogli che l'impresa Bucaria, secondo le direttive della “famiglia” non doveva più lavorare in quanto il suddetto imprenditore, coinvolto in una vicenda giudiziaria, tradendo la regola dell’omertà, aveva offerto la sua collaborazione con la giustizia e tale contributo aveva condotto all'arresto, nell'aprile del 2004, del noto Sugamele Mario (soggetto di cui il Birrittella ha riferito indicandolo quale percettore della tangente “dovuta” alla mafia dalla cooperativa “Maggio 84”, ndr). A seguito di tale incontro il Birrittella aveva chiesto al Todaro il motivo per cui il Bucaria aveva ottenuto quei lavori senza alcuna autorizzazione mafiosa ed il suo interlocutore si era giustificato riferendogli che era stato il Pellegrino a richiedergli dì far lavorare il Bucaria. (...) In ogni caso – puntualizzava il Birrittella - non poteva più del dovuto criticarsi la scelta del Todaro, tanto più che il Bucaria faceva parte di quella lista di imprese che a suo tempo egli stesso gli aveva fornito allorchè aveva indicato alle cooperative, nelle diverse riunioni, e sempre su direttiva del Pace, le ditte da favorire in sede di gara. …”.
Le indagini della Finanza, su delega della Procura di Trapani, riguardano la bancarotta fraudolenta delle aziende controllate da Bucaria e da, allora, altri cinque indagati. Scrivono gli investigatori, ad esempio, a proposito della Cogemat:
Dalla disamina delle condotte crimininali poste in essere dagli indagati risulta, con fortissima convergenza indiziaria e sostanziale, la commissione di fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale nonché di turbata libertà degli incanti.
È indubbio, infatti, che gli indagati abbiano illecitamente prelevato dalle casse della fallita la somma di 1.148.221,34 euro, sia in modo palese - con espliciti prelevamenti - che mediante squallidi espedienti (si pensi agli asseriti pagamenti per le fantomatiche promesse di acquisito di terreni), così come sia emersa, senza alcuna ombra di dubbio, l’infedeltà delle scritture contabili e, in particolare, del libro giornale nel quale sono stati omessi prelevamenti di ingenti somme.