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15/08/2020 06:00:00

Viviana Parisi e la piramide magica

di Massimo Jevolella

Ancora una manciata di chilometri, e Viviana avrebbe raggiunto la meta che sognava da settimane, forse da mesi. Viviana col suo piccolo Gioele, lanciata in auto, in quel suo sogno che ormai, fattosi quasi realtà, s'era mutato in un incubo, in un delirio angoscioso. Una manciata di chilometri, e negli occhi di Viviana si sarebbe riflessa l'aguzza figura metallica di quella piramide magica, alta una trentina di metri, fonte di luce e di speranza per una mente turbata e smarrita. Come l'immagine splendente di una montagna sacra, la meta di un pellegrinaggio che avrebbe dovuto lenire o guarire per sempre le antiche e le recenti ferite di un'anima sensibile e sventurata.

Ora finalmente sappiamo “dove era diretta” Viviana Parisi. Sappiamo il perché di quel suo viaggio apparentemente insensato, lontano oltre cento chilometri dalla sua casa. Il mistero, a quanto pare, è svelato. Lo ha chiarito, convinto, Claudio Mondello, legale e cugino di Daniele Mondello, il marito di Viviana. Claudio sapeva da tempo che la sua giovane parente, la bella deejay allegra, esuberante, ma anche profonda, dolce e sensibile, era precipitata nel gorgo nero della depressione. Sapeva degli psicofarmaci, delle inconfessabili paure, del panico di fronte alle svolte imprevedibili e crudeli del destino: la pandemia, il confinamento, la chiusura delle discoteche, i timori per il figlioletto e per la famiglia, l'assurdità del tutto.

E sapeva di quella piramide. Di quello strano monumento esoterico, creato dieci anni fa da un anziano artista toscano, Mauro Staccioli, e collocato sulla cima di un colle affacciato sul mare, nel territorio di Motta d'Affermo, a una ventina di chilometri da Caronia e da quel punto maledetto dell'autostrada Messina-Palermo in cui Viviana, inseguendo il suo sogno all'insaputa del marito disperato, sarebbe andata a sbattere con la sua auto contro un furgone, per poi fuggire col suo bimbo nelle braccia, fuggire follemente verso il nulla di una tragica fine.

Tragica fata morgana, la magica piramide della luce. Teatro di riti arcani ad ogni solstizio d'estate, come tra i favolosi megaliti di Stonehenge. Riti luminosi, di adepti iniziati vestiti di bianchi veli. Sacerdoti improbabili di improbabili misteri. Di donne e di uomini convinti di trovare davvero una luce dell'anima, una sorta di resurrezione o di rigenerazione, sulla cima ventosa di quel colle, sotto la lamiera arroventata di quell'inerte catafalco di ferro.

Ma ogni pellegrinaggio esteriore è chimera, ogni meta materiale è un feticcio, che crudelmente si muta in irraggiungibile fata morgana per chi s'illude davvero di trovarvi la salvezza, la liberazione dai mali che ossessionano il cuore e la mente. E questo forse Viviana lo sapeva, oscuramente lo percepiva nella sua profonda sensibile intelligenza. E proprio per questo, forse, lei non ce l'ha fatta. Non ce l'ha fatta a toccare davvero quella meta. S'è fermata un po' prima. Solo un po'... Poi è sparita per sempre da questo mondo che tanto le incuteva paura. Fuggita, per usare le parole di un antico filosofo, “dai flutti amari di questa vita avida di sangue”. Ma col suo piccolo Gioele tra le braccia. Ormai anche questo è quasi certo. Col suo bimbo che ora sicuramente riposa accanto a lei, anche se ancora nessuno sa dove sia finito il suo povero corpicino.