La recente chiusura al pubblico, per precauzione, del Pronto soccorso dell’ospedale “Paolo Borsellino” dopo l’arrivo di una donna risultata “positiva” al Covid-19, oltre a destare legittime preoccupazioni nella collettività marsalese, fa tornare d’attualità l’esposto che a fine giugno fu sottoscritto da tutto il personale medico e paramedico del Pronto soccorso (tranne l’allora primario Scuderi) e inviato ai vertici dell’Asp di Trapani e all’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza per denunciare tutta una serie di “magagne” nell’organizzazione sanitaria dell’ospedale marsalese in tempi di coronavirus.
Tra i primi firmatari anche i medici Salvatore Pedone e Guglielmo Sirna Terranova, per altro tra i più apprezzati per le loro qualità professionali, che poco tempo dopo furono licenziati dall’Asp a causa del loro coinvolgimento, nel marzo 2016, nell’inchiesta del Nas e della Procura di Palermo sulla clinica privata “Macchiarella”. Pedone e Sirna Terranova hanno pagato il fatto di essere stati trovati, al momento del blitz del Nas nella clinica Macchiarella, in sala operatoria durante un intervento di ricostruzione del seno. Pedone e Sirna Terranova, però, non avevano la liberatoria dell’Asp di Trapani. Si difesero affermando che, comunque, in quelle ore erano liberi dal servizio. Pedone e Sirna Terranova sono stati licenziati nonostante, a quanto pare, non sia ancora arrivata una condanna definitiva. A differenza di qualche altro medico marsalese che è rimasto al suo posto, o addirittura ha avuto altri incarichi come primario, nonostante condanna definitiva, anche se per altri reati (comunque certo non lievi) puniti a seguito di inchieste condotte dalla precedente sezione di pg della Guardia di finanza presso la Procura di Marsala. Intanto, proprio la recente prudenziale chiusura del Pronto soccorso conferma le “criticità” esposte a fine giugno. Anzi, emergono platealmente, determinando l’interruzione di un servizio indispensabile alla collettività.
E nel frattempo, c’è chi comincia a pensare che il licenziamento di Pedone e Sirna Terranova, entrambi, oltre che primi firmatari, promotori dell’esposto, abbiano subito un provvedimento sanzionatorio eccessivamente severo. Qualche perplessità, inoltra, desta il breve lasso di tempo intercorso tra l’invio dell’esposto e il licenziamento. Nel documento di fine giugno ad usare il termine “esposto” sono proprio coloro che vi hanno apposto le firme. Nell’oggetto si parla di “criticità attualmente in essere presso l’Uoc di Mcau (Medicina e chirurgia d’accettazione e urgenza, ndr) del presidio ospedaliero di Marsala ed istanza di attuazione di misure urgenti per la tutela dell’utenza e la salvaguardia della salute e della professionalità del personale medico, paramedico e di assistenza ivi operante”. Vengono, quindi, elencate e dettagliatamente descritte quelle falle nel sistema di accoglienza al Pronto soccorso e smistamento dei pazienti per l’espletamento dei necessari accertamenti diagnostici che non garantirebbero la sicurezza del non contagio da parte di eventuali affetti da Covid-19. “E in effetti, pensandoci bene – afferma, infatti, A.L., il paziente che nei giorni scorsi aveva scritto una lettera per lodare la professionalità e la cortesia di medici e infermieri che lo hanno assistito tra area d’emergenza e reparto Urologia – mi hanno fatto circolare tra vari locali per diversi accertamenti e analisi ancor prima di sapere l’esito del tampone anti-covid che mi è stato fatto all’ingresso. Se fossi stato positivo, avrei potuto contagiare tante persone. E chissà se non ha contagiate quel paziente per il quale si è dovuto rinviare un intervento proprio in Urologia perché risultato positivo al coronavirus”. La risposta ospedaliera del Pronto soccorso dell’ospedale di Marsala, scrissero i firmatari dell’esposto (che, pare, non abbia ancora sortito sostanziali effetti e cambiamenti di rotta), “nonostante la vastità dell’area geografica di pertinenza, risulta ostacolata da una serie di problematicità riconducibili a: carenze tecnico-strutturali ed inadeguata gestione dei percorsi e insufficienza di personale medico e infermieristico”. E la “distinzione nei locali del PS – si prosegue – tra l’area ‘pulita’ e l’area da destinare ai pazienti sospetti di covid-19 in attesa di tampone può essere garantita solo con adeguato impegno del personale e con la predisposizione di aree di vestizione e svestizione”. Mancano, inoltre, “i luoghi in cui allocare chi attende gli esiti del tampone come ‘sospetto covid’ e “attualmente, un unico posto letto di area grigia per reparto crea assembramenti ingiustificati in Pronto soccorso”. Per questo, si sottolinea la “necessità di un maggior numero di posti”. Ciò viene ritenuto “indispensabile e indifferibile poiché nella sala di attesa del PS, in seguito all’introduzione delle nuove disposizioni per fronteggiare l’emergenza Covid-19, è consentita la presenza di soli 9 pazienti, altri 8 all’interno delle stanze di visita, di cui 6 in zona pulita e 2 in area sporca”.
L’esposto evidenzia, poi, diverse altre “magagne” (alcune di quelle evidenziate nell’esposto potrebbero anche configurare la violazione della legge in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro), concludendo che al Pronto soccorso “occorrerebbero: 18 medici, 35 infermieri e 15 operatori sanitari”.