Giuseppe Montanti, uno dei mandanti dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, ha avuto un permesso premio della durata di nove ore. Montanti ne ha usufruito proprio nella settimana delle commemorazioni per l’omicidio di Livatino, avvenuto il 21 settembre del 1990.
Il permesso premio, deciso dalla magistratura di Sorveglianza di Padova, è il primo dall’ergastolo comminato nel 1999. Montanti, che oggi ha 64 anni, fu arrestato solo dopo un periodo di latitanza ad Acapulco, in Messico.
È stato per vent’anni in regime di carcere duro e ha ottenuto il permesso anche grazie alla sentenza della Consulta di qualche mese fa sui reati ostativi e permessi.
Nel decreto del magistrato si fa proprio riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione del 2020 in cui si afferma “la non necessità della confessione del reato per ottenere il permesso-premio“. Il dipartimento della amministrazione Penitenziaria (Dap), con nota del 30 aprile 2019, evidenziava che “non ha mai collaborato” e concludeva “che non si può escludere eventuale ulteriore collegamento con ambienti devianti esterni”.
Rosario Livatino fu ucciso il 21 settembre del 1990 poco dopo le 8,30 del mattino. Il giudice, che il 3 ottobre successivo avrebbe compiuto 38 anni, a bordo della sua Ford Fiesta di colore rosso stava andando da Canicattì, dove abitava, al tribunale di Agrigento: un commando mafioso su un'auto e una motocicletta gli sparò ferendolo alla spalla e freddandolo poco dopo in un campo dove il magistrato aveva tentato la fuga. Il delitto fu inquadrato nel contesto di una guerra di mafia tra Cosa nostra e la Stidda di Agrigento, ma inchieste giornalistiche più recenti hanno ipotizzato un ruolo della ndrangheta.