E' attesa per oggi la sentenza del processo che, a Caltanissetta, vede imputato per le stragi del 1992 di Capaci e Via D'Amelio il boss di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, latitante del 1993.
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La sentenza era attesa ieri. Ma si è iniziato con molto ritardo per l'adeguamento dei protocolli sanitari chiesti dalla Presidenza del tribunale.
Sono state anche rinnovate le conclusioni dell’accusa, della difesa dell’imputato, difensore d’ufficio, e delle parti civili. Dopo una breve camera di consiglio, la Presidente Roberta Serio, ha anche respinto la richiesta di sentire il collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara. Il pentito, in tre lettere mandate alla corte d’assise, ha chiesto di essere ascoltato perché avrebbe delle cose da “raccontare sulla strage via D’Amelio” e sulle presunte “responsabilità di Messina Denaro”. “Non ci sono ragioni per disattendere pareri già espressi in precedenza”, ha detto il procuratore aggiunto Paci. Che ha anche chiesto che gli atti vengano inviati alla procura di Catania. Perché Calcara ha attaccato pesantemente il procuratore aggiunto perché in requisitoria il pm aveva detto che il collaboratore è un “inquinatore di pozzi” e “collaboratore eterodiretto”. Alla fine la presidente ha accolto la richiesta di accusa e difesa e Calcara non verrà sentito. Gli atti verranno inviati a Catania. Il procuratore aggiunto Gabriele Paci al termine della requisitoria aveva chiesto l’ergastolo per il boss, accusato di essere uno dei mandanti degli attentati di Capaci e Via D’Amelio. Nella sua requisitoria il pm aveva parlato di “unanimità dei consensi al progetto sulle stragi di Totò Riina collegiale”. “Totò Riina – aveva detto Gabriele Paci un requisitoria- può contare su un gruppo di persone fidate che chiama “supercosa”, ai quali affida il compito di organizzare la missione romana. Questo rafforza Riina non soltanto perché ha un gruppo segreto che fa capo a lui ma perché questo gruppo gli consentirà tra le varie opzioni operative di optare per quella che era più funzionale alla realizzazione dei suoi interessi. Scartata la missione romana sceglie quella di Capaci. Indipendente dall’esito la supercosa rafforzò i propositi di Totò Riina, con un gruppo di persone pronto ad uccidere. Nell’ottobre del ’91, con l’appoggio di Messina Denaro, Totò Riina, seppe che aveva questa disponibilità di uomini e mezzi”.