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20/11/2020 06:00:00

L’avvocato Tamburello sulla cagnolina precipitata dal quinto piano, “Condanne più severe”

 E’ stato condannato a 8 mila euro di multa e 6 mila euro di risarcimento il proprietario di Bianca, una cagnolina ridotta pelle e ossa, che nel 2013 era volata giù dal quinto piano.

7 anni fa, la segnalazione di un cane maltrattato in un appartamento di un palazzo di via Gaetano Romeres a Palermo (negli alloggi delle forze dell’ordine), si era diffusa sui social richiamando l’attenzione del presidente dell’Enpa Carini, Paride Martorana. Grazie a lui erano intervenuti i vigili del fuoco. Ma dopo aver sfondato la porta per entrare nell’appartamento, la cagnolina (forse per paura) si era allontanata dall’ingresso, lanciandosi nel vuoto, prima che qualcuno riuscisse ad afferrarla, in mezzo a quel degrado fatto di escrementi sparsi dappertutto e di mobili distrutti.

 

La condanna è arrivata martedì scorso, 7 anni dopo i fatti. Il giudice del tribunale di Palermo Vincenza Gagliardotto ha disposto, come si diceva, 8 mila euro di multa e 6 mila di risarcimento, 3 mila euro all’Enpa Nazionale e 3 mila euro al presidente dell’Enpa locale (con una provvisionale di 2 mila euro ciascuno).

Il Pm però aveva chiesto anche 9 mesi di reclusione, soprattutto sulla base del fatto che l’avvocato di fiducia dell’imputato non si era mai presentato. Nessun teste, nessuna prova documentale, soltanto l’opposizione al decreto penale di condanna che ha aperto le porte al rinvio a giudizio.

Richiesta che il giudice ha di fatto respinto, anche se nella condanna pecuniaria non ha concesso le attenuanti generiche.

 

Una storia dolorosa – ha commentato la presidente dell’Enpa nazionale, Carla Rocchi - che ci ricorda purtroppo quanto ancora sia lunga la strada da percorrere per poterci considerare una società civile”.

 

Al sostituto processuale che si è occupato del caso come parte civile Enpa, l’avvocato castelvetranese Corinne Tamburello, abbiamo chiesto se è soddisfatta di questa sentenza.

 

Noi siamo fieri di questa sentenza di condanna. Però una reclusione sarebbe stata un segnale molto più gradito. Per carità, non si tratta di voler impedire per forza la libertà del condannato, anche se comunque non si sarebbe fatto nemmeno un giorno di galera, ma quello di cui si ha bisogno nel campo della garanzia dei diritti degli animali è l’esempio. Occorrono condanne che siano in grado di fare da deterrente, per evitare il ripetersi di situazioni di questo tipo. E’ bene che la gente capisca che maltrattare un animale non è la stessa cosa che posteggiare in seconda fila.

Perché prevedere una multa, anziché la reclusione? E’ come se la negazione delle attenuanti generiche fosse stata in qualche modo riequilibrata”.

 

Perché secondo lei?

 

Perché forse i tempi non sono ancora maturi. E’ come se ci fosse un freno. Come se le condanne previste dalla legge per i reati contro gli animali debbano necessariamente essere applicate in maniera più leggera rispetto ad altri reati. Ecco allora che ad una reclusione anche di pochi mesi, si preferisce la multa.

Ovvio che poi, di fronte a casi di maltrattamento meno diretto, come l’assenza di cure e le carenze  igienico sanitarie in cui si lasciano vivere gli animali, le probabilità di assoluzione sono ancora alte.

Ad ogni modo, questa sentenza è comunque una vittoria ed un passo avanti. Ma di passi bisogna farne ancora tanti.

 

Egidio Morici