Il Tribunale di Marsala ha condannato a tre anni di carcere e a 2500 euro di multa una 32enne romena, Petronela Chiciug, processata per usura e tentata estorsione ai danni di un’altra donna dell’Est europeo, Linda Krasna, 43 anni, slovacca, parte civile con l’assistenza dell’avvocato Carlo Ferracane.
Secondo l’accusa, la Chiciug avrebbe prestato mille euro alla compagna di lavoro nei campi di Zingale, facendosi promettere la restituzione di 1500 euro entro fine giugno 2013.
Per l’accusa, quindi, a tasso di usura. I mille euro sarebbero stati restituiti entro il 10 maggio. La tentata estorsione, invece, è contestata in quanto, allo scopo di avere altri 500 euro, tra fine maggio e il 12 giugno 2013, la Chiciug avrebbe più volte minacciato la Krasna con frasi quali: “Tu non mi conosci, vedrai io e mio marito di cosa siamo capaci… noi abbiamo amici dentro e fuori che sono capaci di tutto e in grado di farti pagare quei soldi con violenza… domani voglio 575 euro, se no vi farà visita la G.d.F.”. La Chiciug è stata condannata anche al risarcimento danni alla parte civile (5 mila euro), nonché al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute dalla parte civile (1300 euro). Per l’imputata, il pm aveva chiesto 4 anni e mezzo di carcere. Per l’avvocato difensore Francesca Lombardo, però “si è trattato di una macchinazione ritorsiva contro la Chiciug, vittima di soprusi da parte di Zingale, sempre taciuti per la necessità di non perdere il posto di lavoro, e cioè la raccolta di prodotti della terra”. E dopo la lettura del dispositivo, l’avvocato difensore ha commentato: “Sentenza ingiusta. Nessuno dei testimoni ha fornito una versione chiara e precisa dei fatti, anzi le diverse dichiarazioni non sono tra loro corrispondenti, a tratti sono contraddittorie. Nessuna verità è emersa da quanto riferito da tutti i testi, anzi solo una gran ‘confusione’. Sono state disattese sia le dichiarazioni rese dall'imputata che quelle rese dal marito. Niente di ciò che hanno dichiarato è stato tenuto in considerazione, nonostante si trattasse di fatti rilevanti. Questa "confusione" che si è generata si traduce nel "dubbio" sulla colpevolezza e in caso di dubbio l'imputato va sempre assolto, non certo condannato. Chiciug intende, ovviamente, proporre appello avverso la sentenza”.