La Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui, nell’ottobre 2019, il giudice monocratico di Marsala Lorenzo Chiaramonte condannò a due anni e 10 mesi di carcere, per maltrattamenti alla moglie, Salvatore Alessandro Cudia, di 71 anni.
In primo grado, l’imputato è stato, inoltre, condannato a versare alla donna (I.C., di 65 anni) 10 mila euro a titolo di risarcimento danni. La vittima, costituitasi parte civile, è stata assistita dall’avvocato Francesco Vinci, mentre legale dell’imputato è stato Gabriele Pellegrino.
Costretta a subire gli scatti di violenza del marito, ad un certo punto I.C. fu costretta a scappare da casa e a fine settembre 2016 è stata ospitata in una struttura protetta.
Le indagini furono svolte dalla polizia, alla quale la donna ha chiesto aiuto per telefono quando fu chiusa a chiave in una stanza. A liberarla furono i poliziotti. Fu quello l’ultimo atto di un difficile rapporto coniugale. Per la donna, un vero “incubo”. Numerosi gli episodi di violenza contestati all’uomo. Più volte minacciata di morte, la donna, in varie occasioni, avrebbe subito sputi, schiaffi, pugni e bastonate. Teatro dei fatti contestati un appartamento del quartiere popolare di Amabilina. Nell’atto d’accusa venne scritto che l’imputato “maltrattava, con carattere di abitualità, la moglie sottoponendola a continue vessazioni e ad un insostenibile e penoso regime di vita familiare così da provocare nella stessa un perdurante stato di sofferenza fisica e morale incompatibile con normali condizioni di vita”. Le avrebbe, in particolare, impedito di uscire di casa e l’avrebbe minacciata di morte. Durante il processo la figlia dell’imputato ha dichiarato: “Il problema è che mio padre aveva il vizio di bere”.