Che opinione hanno dei giornalisti del territorio i leader politici locali?
Una posizione davvero sui generis arriva dal consigliere di opposizione Calogero Martire, leader di Obiettivo Città ed ex candidato sindaco, che ha commentato una mia intervista al sindaco Alfano sulle bollette dei rifiuti, accusandomi di non essere equo nell’esposizione dei fatti, di essere di parte e di non ascoltare la controparte.
Il consigliere ha commentato il link dell’intervista nel mio profilo personale su facebook, dove avevo postato anche un’anteprima, riportando l’estratto di una risposta data dal sindaco in cui diceva che la bolletta dei rifiuti è un tributo pesante, ma “chi cerca di cavalcare le legittime difficoltà economiche della gente creando caos, non sta aiutando la città. Sta avvelenando i pozzi. E lo sta facendo in un momento delicato per tutti.”
Secondo Martire, la mia interpretazione di parte sarebbe collegata proprio al virgolettato che avrei messo in evidenza su facebook. Nel mio profilo personale.
Peccato che non fossero parole mie, ma del sindaco Alfano.
Si dirà, ma forse si riferiva al testo dell’articolo. Invece no, perché il testo è fatto di domande poste ad Alfano basate proprio su un comunicato stampa del suo stesso movimento. Che, lungi dall’essere taciuto o sommariamente sintetizzato, viene pure linkato prima dell’intervista: vuol dire che il lettore può cliccare e leggerselo per intero.
Ma davvero il problema è che non avrei dovuto mettere quel “cappello” al link nel mio profilo facebook personale?
Davvero si fa fatica a distinguere un’intervista giornalistica (tra l’altro fatta di domande basate proprio sul comunicato di Obiettivo Città) ed un post sui social che accompagna il link?
Davvero mi devo beccare pure il sermone sulla delicatezza del mio ruolo?
Vuoi vedere che alla fine, l’unico avvelenatore dei pozzi sono io?
Credo invece che ad avvelenarli sia il rischio che i politici (per carità, il riferimento è generico, se no sono di parte) considerino le redazioni giornalistiche come delle vetrine in cui la “velina” di partito, o il proprio comunicato stampa, verrà pubblicato acriticamente, magari tra le notizie in primo piano.
E’ un rischio che ha una base molto più ampia, spesso fatta di lettori che valutano l’obiettività come direttamente proporzionale alla fedeltà con cui il giornalista fa copia e incolla delle note originarie.
Non è proprio così.
Un tempo, quando l’informazione era principalmente su carta, la maggior parte dei comunicati stampa aveva poche probabilità di diventare un articolo e veniva cestinato.
Oggi, con le redazioni on line, le cose sono diverse. Magari ne viene pubblicata una sintesi, oppure per intero, ma con una breve presentazione. Quasi mai in primo piano, almeno per quei siti giornalistici che graficamente fanno la distinzione tra la notizia (o l’approfondimento) in evidenza e quella “in quarta pagina”.
Se invece il comunicato stampa incuriosisce il giornalista, allora viene “lavorato” e diventa un articolo.
Un articolo che presenta un fatto, magari anche uguale a quello descritto da un altro giornale, al quale però può essere fornita una particolare lettura. Ed è proprio quella lettura che la differenzia dall’articolo di un altro giornale che si è occupato della stessa vicenda.
Insomma, più o meno, è così che funziona.
Poi, se qualcuno vuole darci lezioni di giornalismo, può anche mettersi in coda. La disintermediazione ha prodotto una fucina di talenti.
Egidio Morici