La quarta sezione della Corte d’appello di Palermo (presidente Vittorio Anania) ha confermato la condanna dal giudice monocratico di Marsala Iole Moricca ad un 50enne castelvetranese, Massimiliano Cascio, processato per “utilizzo indebito di carta di credito o di pagamento o di un documento equipollente da parte di chi non ne è titolare”.
La pena inflitta in primo grado e confermata in appello è stata otto mesi di reclusione e 350 euro di multa. Oltre alle spese processuali, l’imputato dovrà pagare anche un risarcimento danni di 10 mila euro alla parte civile, un suo cugino, assistito dall’avvocato Ignazio Cardinale.
Al centro della vicenda ci sono, infatti, due cugini che avevano deciso di costituire una società per aprire insieme un’officina meccanica, ma l’affare, alla fine, non andò in porto. Anzi, finì in Tribunale. Secondo l’accusa, il Cascio, nel 2015, utilizzò fraudolentemente la carta di credito del cugino, dei cui dati era venuto in possesso nel frangente in cui aveva deciso di aprire un’officina insieme, facendo una serie di acquisti per un totale di 8 mila euro.
Quando il cugino titolare della carta se ne accorse, chiese subito la restituzione del denaro. Ci fu una trattativa e alla fine il Cascio, con una scrittura privata, si impegnò a restituire, a poco a poco, con rate mensili, il denaro speso all’insaputa del parente. Ad un certo punto, però, smise di pagare e il cugino lo denunciò. La conseguenza fu il processo. E poi la condanna. In primo grado, il verdetto venne emesso con contestuale motivazione. In primo grado, dd un certo punto del processo, l’imputato aveva tentato di portare avanti la tesi della non paternità della scrittura privata. Ma senza successo. Adesso, la Corte d’appello lo ha condannato a pagare anche le ulteriori spese processuali.