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07/01/2021 06:00:00

Trivelle e scorie: Sicilia in allarme

 Trivelle e scorie: sembra una manovra a tenaglia quella che riguarda il territorio della provincia di Trapani. Da un lato ci diciamo e ci ripetiamo che il nostro futuro dipende dal turismo, dalla tutela delle risorse naturali e dal rispetto dell'ambiente. Dall'altro lato, invece, in pochi giorni si riaffaccia l'allarme per le trivellazioni al largo delle coste siciliane, e, contemporaneamente, giunge notizia che ben due siti su quattro possibilmente destinati ad ospitare le scorie radioattive in Sicilia, sono in provincia di Trapani. Che succede?

TRIVELLE. Dal decreto "Milleproroghe", il provvedimento che ogni anno, a fine anno, proroga le mille (appunto) questioni aperte che ci sono in Italia è sparita la proroga del blocco per le trivelle che era stato deciso dal governo dopo i movimenti di protesta degli ultimi anni. Se non si interviene, il 13 Febbraio, tra un mese, finirà la moratoria vigente finora.

Attualmente sono vigenti 42 permessi di ricerca di idrocarburi in terraferma, 21 permessi di ricerca nel sottofondo marino, 113 concessioni di coltivazione in terraferma e 66 concessioni di coltivazione nel sottofondo marino. La regione Sicilia è in prima posizione e conta 6 permessi di ricerca e 14 concessioni di coltivazione.

Davanti alle coste siciliane e nel Canale di Sicilia sono diverse le richieste. Una richiesta è stata fatta, ad esempio, per la zona di Pantelleria, qui è la società piemontese Audax Energy ad aver chiesto un permesso di ricerca per 345 chilometri quadrati.

 

SCORIE. Sono ben due i siti individuati in provincia di Trapani  tra le possibili zone dove costruire il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Il governo ha diffuso la mappa nazionale dei luoghi tra i quali andrà selezionato il sito, mentre per la realizzazione occorreranno almeno cinque anni. E' scattata la rivolta della politica e delle comunità territoriali, mentre Legambiente plaude al progetto perchè risolverebbe una volta per tutte una questione di sicurezza ora diffusa nell’intero Paese.  In provincia di Trapani sono individuate Trapani e Calatafimi come località che potrebbero ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. 

Va detto che però in questo caso la reazione è stata un po' ingigantita rispetto ai termini della questione, dato che stiamo parlando solo di siti potenziali, e che le località sono stata rese pubbliche proprio per consentire il massimo dibattito possibile. 

 Il deposito è una struttura sigillata per più di 3 secoli: dopo 300 anni, infatti, secondo Sogin, la società che si occupa dello smantellamento delle centrali nucleari, le scorie decadono «a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell’uomo e l’ambiente». A ospitarlo sarebbe un’area di 150 ettari: e se 40 sono destinati a un parco tecnologico, 110 sono riservati al deposito vero e proprio, una struttura a matrioska pensata per evitare contaminazioni. L’impianto è composto da 90 costruzioni in calcestruzzo armato, all’interno delle quali verranno collocati i moduli in calcestruzzo speciale, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività. Si tratta dei residui delle centrali smantellate in Italia dopo il referendum del 1987 e i rifiuti prodotti dalla medicina nucleare.
 In Italia i ministeri dello Sviluppo economico e dell’ambiente, che hanno dato il via libera preliminare alla short list da cui dovrà essere scelto il sito che ospiterà il deposito, stimano in 4.200 i posti di lavoro per i 4 anni previsti per la costruzione (duemila nel cantiere, 1.200 indiretti e mille nell’indotto), in 900 milioni di euro l’investimento e in 700 gli occupati stabili.