Alla redazione di Tp24 arrivano tante querele (molte delle quali assolutamente pretestuose) da parte di persone che si sentono lese dagli articoli pubblicati.
La prima assoluzione del 2021 dall’accusa di diffamazione a mezzo stampa (segno che non abbiamo pubblicato notizie false e lesive dell’onore delle persone coinvolte in fatti di interesse giornalistico) è stata pronunciata ieri. Assoluzione con formula piena dall’accusa di diffamazione mossa da un marsalese al collaboratore di Tp24 che da anni si occupa di cronaca giudiziaria formulata dal giudice delle udienze preliminari Riccardo Alcamo.
A difendere il nostro collaboratore è stato l’avvocato Vincenzo Forti, che nella sua arringa ha evidenziato come il giornalista non abbia affatto diffamato il querelante. E ciò perché quanto scritto nell’articolo contestato risponde a verità. Anzi, il giornalista avrebbe potuto aggiungere anche altri particolari.
E a chiedere l’assoluzione è stato anche il pubblico ministero, Roberto Piscitello, ex pm della Dda che in passato, con il collega Massimo Russo, ha coordinato importanti e delicate inchieste sulle cosche mafiose della provincia e poi ha ricoperto alti incarichi al Ministero della Giustizia (direttore generale responsabile del trattamento detenuti). E per il suo lavoro ha subito gravi minacce dalla mafia.
Piscitello ha chiesto l’assoluzione affermando che il giornalista si è limitato a scrivere quanto denunciato in un esposto (presentato all’Ordine dei Medici dalla cognata del querelante, ndr) e non spettava a lui, ma ad altri (autorità giudiziaria, ndr), il compito di accertare la veridicità delle accuse mosse. L’articolo per il quale era scattata la querela era stato pubblicato su Tp24 l’11 dicembre 2017 e parlava di un esposto inviato da una donna, sorella della moglie del querelante, all’Ordine dei Medici della Provincia di Trapani nel quale si accusava l’uomo di aver arbitrariamente prestato il consenso al ricovero della moglie in una struttura sanitaria privata dove poi è deceduta. Per la sorella, la moglie era in uno stato di coscienza tale da poter autonomamente decidere per sé. Altra contestazione era relativa alla parte dell’articolo in cui si raccontava che l’uomo, qualche settimana prima della morte della moglie, effettuò un bonifico verso se stesso di 100 mila euro prelevando la somma dal conto della coniuge, sul quale poteva operare in quanto aveva la delega. E ciò è provato da un estratto conto bancario in possesso del giornalista. “Estratto conto dal quale – ha detto, in aula, l’avvocato Vincenzo Forti – emergono altri prelievi che potevano costituire un danno per altri co-eredi”.