La prima sezione civile della Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 89/2021, ha confermato la condanna per calunnia inflitta in primo grado a Massimo Ciancimino, superteste del processo Trattativa, per aver accusato falsamente Rosario Piraino, all’epoca funzionario dell’A.I.S.I. (servizi segreti italiani ndr).
Ciancimino dovrà quindi versare a Piraino 50 mila euro di risarcimento oltre alle spese legali.
Rosario Piraino è stato difeso nei due gradi di giudizio dagli Avvocati Salvatore Ferrara e Giovanni Gruttad’Auria.
Ciancimino, nel mese di agosto del 2009, aveva dichiarato alla Procura di Bologna che Rosario Piraino lo avrebbe minacciato ed intimidito nella sua abitazione di Bologna, il 3 luglio 2009, allo scopo di impedirgli la collaborazione con la Magistratura.
Tuttavia, dalle indagini era emerso che in tutto il 2009 Rosario Piraino non avesse mai messo piede a Bologna. Inoltre le telecamere, poste su ordine della Procura emiliana ad insaputa di Ciancimino davanti alla sua abitazione, avevano categoricamente escluso la presenza di Rosario Pirano. Il G.I.P. di Bologna, già nel 2013, dunque, aveva archiviato la posizione di Piraino, sulla base della richiesta della Procura e delle difese degli Avvocati penalisti Nino Caleca e Marcello Montalbano.
Secondo la sentenza della Corte di Appello, il movente delle calunnie di Ciancimino era “l’interesse di accreditarsi presso l’Autorità giudiziaria quale bersaglio della consorteria mafiosa, onde dimostrare di esserne vittima, e non partecipe, in tale quadro dovendosi collocare la denuncia da parte dello stesso di numerosi atti intimidatori contro la sua persona, rivelatisi poi non veri”.
In altre parole, Ciancimino, si sarebbe finto vittima di episodi intimidatori da parte di pezzi deviati dello stato, per accreditarsi presso l’autorità giudiziaria come vittima e come testimone credibile. La sceneggiatura noir messa in piedi dal figlio di Vito Ciancimino, inequivocabilmente smentita dalle indagini, ha determinato la condanna sia in primo grado che in appello per calunnia e poi anche per appello temerario.
Ad ulteriore dimostrazione del dolo che ha connotato le accuse, la Corte ha ritenuto decisiva la descrizione fisica di Piraino fornita dall’accusatore, che si è rivelata completamente errata: Ciancimino, pur avendo effettuato un riconoscimento fotografico e aver ribadito le sue accuse a più riprese e senza tentennamenti, aveva descritto Piraino come un uomo alto circa 1,70, mentre l’ex agente dei servizi è alto quasi 2 metri.
Rosario Piraino a causa delle calunnie di Ciancimino – in quel periodo rappresentato dai media come “un’icona antimafia” - aveva subìto un trasferimento a Roma ed un notevole danno di immagine a causa dell’eco mediatica delle accuse, diffuse su tutto il territorio nazionale.
Su richiesta dei legali di Piraino, Salvatore Ferrara e Giovanni Gruttad’Auria, la Corte di Appello, oltre a confermare la condanna a 50 mila euro di risarcimento, ha condannato Ciancimino alla ulteriore sanzione in favore dell’ex agente dei servizi segreti di 8.000 euro per “lite temeraria”. Ciancimino, per la stessa ragione, dovrà pagare allo Stato una ulteriore somma punitiva pari ad € 1.138,50.