La pandemia è come la tempesta perfetta per far crescere il potere economico delle mafie.
Un’economia in crisi, imprese con scarse liquidità, comparti direttamente coinvolti nella gestione dell’emergenza sanitaria. Tutto questo, come dimostrano anche diversi dossier, portano la criminalità organizzata ad attaccare l’economia legale come mai era successo. E’ nel caos che le mafie sguazzano. Il riciclaggio di denaro attraverso l’acquisizione di quote o intere imprese in difficoltà, il ritorno dell’usura, appalti affidati in modalità emergenziale che fanno gola alle imprese riferibili alla criminalità organizzata. E quel “welfare” mafioso, l’assistenzialismo alle persone in difficoltà economica, per creare consenso già nei quartieri.
Cominciamo oggi un viaggio nelle debolezze dell’economia italiana in tempi di Covid e come le mafie la stanno attaccando.
IL WELFARE CRIMINALE
La mafia non ha mai smesso di cercare consenso tra la gente. E soprattutto in un periodo di crisi economica, con le ingenti liquidità a disposizione, le organizzazioni criminali tentano di farsi referenti della popolazione. E il nostro viaggio, comincia proprio da qui. Dal welfare mafioso. E da quello che è stato scoperto proprio qualche giorno fa a Palermo, dove è stata smantellata la cosca di Tommaso Natale-Zen, 16 le persone arrestate.
Pacchi spesa e soldi. Le indagini coordinate dalla Dda di Palermo hanno portato a scoprire che il capomafia palermitano Giuseppe Cusimano sarebbe stato il punto di riferimento per le famiglie indigenti del quartiere Zen e avrebbe tentato di organizzare una distribuzione alimentare per i poveri durante il primo lockdown del 2020. Gli investigatori lo denunciano da inizio pandemia: Cosa Nostra tenta di accreditarsi come referente in grado di fornire aiuti alla popolazione alla ricerca del consenso sociale e di quel riconoscimento sul territorio, indispensabili per l'esercizio del potere mafioso.
“Le indagini – ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, generale Arturo Guarino. – ci hanno consentito di dimostrare come i mafiosi tentassero allo Zen di Palermo di dare una sorta di ‘welfare mafioso’ alla gente che aveva bisogno, durante la prima fase del lockdown, addirittura con sussidi alimentari, scoperti dai carabinieri. Un welfare che però non porta a nulla di buono”.
E infatti sono stati i commercianti del quartiere che si sono ribellati alle richieste del “pizzo” denunciando le estorsioni agli investigatori.
L’ALLARME DELLA CAMERA DI COMMERCIO
E proprio dopo l’operazione antimafia “Bivio” la presidente della Camera di Commercio di Palermo, Patrizia Di Dio, ha ribadito ciò che viene detto da tempo: “L’emergenza provocata dal Covid, unita alla lentezza, alla inadeguatezza e all’approssimazione delle misure di sostegno dei Governi nazionale e regionale, sono il terreno ideale per la criminalità mafiosa che prova a sostituirsi allo Stato “offrendo” aiuti agli imprenditori in difficoltà grazie alla liquidità che proviene da attività illecite. Nessuno più di noi conosce la gravità della situazione che non è più un “rischio” ma dura e atroce “realtà”. Le esigenze di contenimento del contagio vanno contemperate con la imprescindibile necessità della sopravvivenza delle aziende. Occorre che la politica dia risposte chiare e immediate sulla sostenibilità economica delle aziende e delle loro famiglie che paradossalmente e incostituzionalmente ci è stata sottratta.
L’USURA
E’ alto il rischio di un ritorno in maniera ancora più pressante di un vecchio e mai accantonato “servizio” della mafia: l’usura. In un suo dossier anche lo Scico della Guardia di Finanza parla una sorta di “welfare criminale” grazie al quale le organizzazioni criminali “rafforzano il controllo territoriale e il consenso sociale”. Un’usura “porta a porta che miete vittime tra le fasce più deboli della popolazione”. Tra queste non solo persone che vivono in stato di povertà pregressa, ma anche imprenditori, professionisti e titolari di attività commerciali che finiscono nella morsa degli strozzini. Anche in questo ambito la crisi sanitaria ha portato ad un aumento dell’usura. Nei primi sei mesi del 2020 il valore dell’usura è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2019. E l’usura è il secondo reato per crescita percentuale in Italia, dopo le frodi online, nel periodo del lockdown. Sono diminuiti, dal primo gennaio 2020 al 30 giugno 2020 l’usura è cresciuta del 9,8%, con 101 delitti rilevati.
Nel mirino delle mafie ci sono aziende redditizie e attività commerciali floride che in tempo di crisi – anche quelli meglio strutturati – hanno la necessità urgente di accedere a crediti per non perdere commesse e di conseguenza essere tagliati fuori dal mercato. Per le mafie è l’occasione di lavare soldi sporchi, e smembrare attività lecite, di fatto, impossessandosene.
BOOM DI FINANZIARIE. CHI C’E’ DIETRO?
C’è un altro dato, anomalo, in questo contesto. L’aumento delle finanziarie. Spesso piccole, non legate ad istituti di credito di primo piano. Soprattutto al sud. Di chi sono, chi c’è dietro?
Libera, nel suo dossier “La tempesta perfetta”, raccoglie i numeri del Registro Imprese delle Camere di commercio italiane, con aggiornamento al 31 ottobre 2020. Ed emerge un dato: nel periodo gennaio/ottobre 2020 si evidenzia un aumento del 4 percento rispetto allo stesso periodo del 2019 di nuove imprese codificate secondo il codice ATECO (il codice che deve essere dichiarato dalle imprese nel momento in cui iniziano l’attività) come attività finanziarie e assicurative.
Erano 5334 nel 2019 aumentate a 5556 nel 2020. Incrementi maggiori si registrano nelle regioni del Sud con +29 per cento in Campania, +18 per cento in Puglia, +17 per cento in Calabria e +16% in Sicilia.
All’interno della categoria di imprese che svolgono attività finanziaria e assicurativa si collocano anche le agenzie di prestito su pegno e quelle che si occupano di prestiti personali al di fuori del sistema bancario; settori in cui potrebbero insinuarsi attività illegali.
Gli effetti dirompenti della pandemia si vedono in modo evidente sulle nuove imprese iscritte nei registri camerali: nei primi dieci mesi del 2020 sono nate 55.000 imprese in meno dell’anno precedente.
IL QUADRO DELLA BANCA D’ITALIA
D’altronde è la stessa Banca d’Italia a spiegare come le imprese siano più vulnerabili e bisognose di liquidità. “La recessione innescata dall’epidemia di Covid-19 accresce in maniera significativa la quota di società di capitali italiane che nel 2020 registrerebbero un fabbisogno di liquidità e un deficit patrimoniale. Le principali misure di sostegno varate dal Governo tra marzo e agosto attenuano fortemente questi effetti. L’indebolimento dei bilanci che ne risulta aumenta la probabilità di insolvenza delle imprese”.
Domani vedremo come le mafie si infiltrano nell’economia martoriata dal Covid.