Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo. Il suo è uno dei ruoli più scomodi in questo momento. Le attività sono ferme, le saracinesche sono abbassate e c’è anche il rischio che non possano riaprire. Qual è il suo giudizio sulla parte economica di questa emergenza?
Di assoluta inadeguatezza da parte del Governo nazionale e regionale. Da madre, da imprenditrice e da rappresentate di migliaia di commercianti e imprenditori, a molti di noi oggi viene imposto di non lavorare. Vorrei fare una premessa, perché oggi ci stanno offuscando anche la logica. L’articolo 1 della Costituzione dice che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e l’art.4 dice che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e dobbiamo promuovere le condizioni affinché si dia lavoro a chi non ce l’ha. In quale Paese civile ci troviamo, se chi deve garantire il diritto al lavoro ci impedisce di lavorare. Tutti abbiamo chiara la gravità dell’emergenza sanitaria e il diritto alla salute, ma rivendichiamo che il diritto alla salute, dopo un anno, deve andare di pari passo al diritto al lavoro, devono coesistere perché sono visceralmente legati. Come fa un padre di famiglia che aveva un lavoro e produceva ricchezza e dava lavoro, adesso è indebitato come azienda, come fa ad andare avanti senza lavoro e senza garanzie di poter rimanere al lavoro. Adesso ci dicono torniamo il 1° febbraio, ma non sappiamo cosa succederà dopo una settimana. Queste misure sono grottesche, perché non sarà continuando a chiudere tutto che si bloccherà il contagio, che vediamo continua ad avvenire nelle case private. A questo punto il tutto va gestito diversamente. Noi basiamo le nostre vite, le nostre aziende su dati ingannevoli, non esiste un sistema informatico e certificato dei positivi al Covid. Ma in che Paese ci troviamo se le nostre vite dipendono da dati farlocchi. Un dato fra tutti, domenica scorsa 3400 erano i ricoveri in Lombardia e 1400 erano in Sicilia, se loro sono arancioni e noi siamo rossi, non è un problema di contagi nei nostri negozi, nelle gioiellerie, nei piccoli negozi di vicinato da 30metri quadri che rimangono ingiustificatamente chiusi, ma un problema di organizzazione sanitaria. Noi siamo cittadini siciliani e italiani e pretendiamo che le cose funzionino anche in Sicilia. Devono agire per evitare il contagio e a proteggere la salute dei cittadini con i mezzi adeguati, non in capo alle nostre vite e alle nostre aziende. Non ci illudiamo più delle elemosine, perché tutto quello che è arrivato, ammesso che sia arrivato, è una elemosina, ci sottraggono il diritto, le nostre attività e le nostre vite e non ci risarciscono né ci mettono nelle condizioni di lavorare.
Patrizia Di Dio è un messaggio disperato quello di voi commercianti e del settore terziario. Mentre l’improvvisazione era giustificata nella prima parte della pandemia, è meno tollerabile ora quando questo scenario, non diciamo che era nelle previsioni, ma si poteva immaginare che avremmo vissuto questo momento.
Assolutamente sì, è evidente che manca una reale visione d’insieme che dovrebbe contemperare le esigenze economiche e di sostenibilità economica per tutti, non soltanto per le categorie essenziali, che sono le nostre aziende, essenziali per se stesse e per una economia che deve mantenersi. Se non hanno le idee chiare potremmo suggerire quali possono essere le misure. In tutto questo, un’altra cosa grottesca è che le misure arrivano da CTS e da Task Force che, per carità, si tratta di scienziati, ma nel loro campo medico-scientifico-sanitario, ma che cosa ne sanno dei flussi di vendita e quando la gente va a consumare. Potremmo proporre l’alternanza e una turnazione di apertura, ci possono e ci devono essere delle soluzioni alternative, al chiudere tutto e poi vediamo come va. Così gli imprenditori non possono più programmare la loro attività e non possono garantire il lavoro ai propri dipendenti. Non possiamo assolvere ad altre attività di indebitamento con le banche, ammesso che sia opportuno indebitarsi senza che si abbia una visione chiara del futuro. Siamo in mano a nessuno, così non va. Dopo un anno continuano a chiudere e a procedere con le stesse modalità, adesso diciamo basta. Così si rischia di consegnare la Sicilia alla mafia, perché è un dato di fatto non è solo un rischio ventilato, perché se la gente disperata riceve delle risposte dall’ambito più deteriore della nostra società, che è la criminalità organizzata, fa una scelta se dall’altro lato c’è lo Stato che ti tiene chiuso e non ti dà risposte. Noi ringraziamo le forze dell’ordine per l’ennesima operazione antimafia a Palermo, purtroppo attesta come le cosche si stanno riorganizzando e sguazzando nelle difficoltà e con la crisi attuale.