E’ “mazarese” e “galantuomo”, così con queste parole il vecchio boss di Mazara del Vallo, Vito Gondola - morto qualche anno addietro -, parla di Fabrizio Vinci ai suoi interlocutori, due sodali delle famiglie mafiose di Marsala e Mazara, Michele Lombardo e Andrea Antonino Alagna.
Ai due, Gondola scioglie ogni dubbio sulla figura di Vinci, ritenuto un "confidente" delle forze dell’ordine e a tal proposito Gondola, dice che, grazie a Vinci, almeno in due occasioni, sono state apprese due importanti notizie riservate proprio per mezzo dei contatti di Vinci. Da quell’incontro finirono i contrasti con Vinci e si diede il via libera all’affermazione dell’imprenditore mazarese nel territorio di Marsala, cosa che veniva contrastata da alcuni esponenti della famiglia mafiosa di Marsala che tutelavano gli interessi dell’imprenditore locale, Simone Licari.
L’imprenditore mazarese Fabrizio Vinci, arrestato nel 2017 con l’operazione “Visir”, condannato lo scorso aprile dal Tribunale di Marsala a 12 anni di reclusione, perché ritenuto “imprenditore mafioso” a disposizione di “Cosa Nostra” trapanese operante a Mazara del Vallo e Marsala, ha subito nei giorni scorsi una confisca di beni per 5 milioni di euro da parte dei carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Trapani.
Le prove a carico di Vinci, ottenute dagli inquirenti tramite intercettazioni ambientali e telefoniche, ma anche con la registrazione filmata e le localizzazioni satellitari di telefonini e auto, nonostante non ci sia stata la rituale affiliazione con il rito della “punciuta”, dimostrano come sia stata piena la partecipazione al sodalizio mafioso di Mazara del Vallo, e grazie a questa è riuscito da semplice operaio a scalare le gerarchie per poter ottenere importanti appalti a Mazara del Vallo e a Marsala, mettendo la sua impresa a disposizione dei boss suoi sodali. “Vinci - scrivono i giudici - è consapevole di far parte dell’associazione criminale e ha la volontà di contribuire a tenerla in vita e a farle raggiungere gli obiettivi prefissati”.
Per i giudici sono diversi gli elementi che confermano la partecipazione di Vinci in Cosa nostra mazarese. Per primi i rapporti confidenziali e privilegiati con esponenti di vertice del mandamento di Mazara del Vallo come Vito Mangiaracina, padre del boss Andrea Mangiaracina, e poi Salvatore e Matteo Tamburello e Vito Gondola.
Grazie a Vito Mangiaracina, capomafia di Mazara, Vinci ha ottenute buona parte delle commesse per la realizzazione del parco eolico di Mazara, tra l’altro questi fatti sono riportati anche dalle dichiarazioni del collaboratore Giuseppe Sucameli, e sempre con il sostegno di Vito Mangiaracina a Vinci fu consentito di aprire un proprio impianto per il calcestruzzo, capace di fare concorrenza alla "Calcestruzzi Mazara" dello storico capo mandamento Mariano Agate.
Rapporti con i Tamburello. Fabrizio Vinci per favorire i familiari di Matteo Tamburello quando quest’ultimo è stato arrestato ha comprato beni della sua impresa a prezzi maggiorati e ha effettuato dei lavori per la ditta Evola, dove Tamburello era stato assunto quando è stato scarcerato, senza chiedere alcun pagamento né garanzia. Viceversa quando è stato arrestato Vinci nel maggio 2017, Matteo Tamburello si preoccupa di far avere del denaro alla moglie e si interessa di acquistare i beni aziendali che potevano essere posti sotto sequestro in seguito all’arresto del marito.
Da altre intercettazioni ambientali, a seguito di un incontro tra Michele Lombardo e Vincenzo D’Aguanno, emerge che Vinci finanziava anche i familiari del capo mafia di Mazara Mariano Agate, in particolare il figlio Epifanio, motivo per il quale, secondo i giudici, ha ottenuto il permesso di sviluppare la sua attività imprenditoriale nel marsalese a dispetto dell’iniziale opposizione della famiglia mafiosa di Marsala.
Intercettazioni, quelle che riguardano Vinci e Agate, confermate dalle dichiarazioni di Lorenzo Cimarosa, primo boss pentito della famiglia di Matteo Messina Denaro, morto qualche anno fa a causa di un male, e secondo il quale, Epifanio Agate sovrintendeva alla produzione di calcestruzzo per il mandamento mafioso di Mazara con la protezione del capo-mandamento Vito Gondola che, con Vinci aveva un rapporto di vicinanza e stretta collaborazione, testimoniato dall’intervento fatto in sua difesa quando quest’ultimo veniva messo in discussione da alcuni boss.
Proprio il boss Vito Gondola all’epoca capo mandamento di Mazara, e che ha gestito lo smistamento dei pizzini per comunicare con il boss castelvetranese Messina Denaro, ha ricevuto da Fabrizio Vinci delle informazioni su delle investigazioni nei confronti di affiliati del mandamento. Vinci pur avendo svolto il ruolo di “confidente” di polizia, come lui stesso ha confessato, ha fatto sempre un "doppio gioco", ponendosi come unica finalità: l’agevolazione dei vertici di "Cosa nostra" e non le istituzioni.