Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
07/02/2021 10:56:00

Disse il falso al processo del marito. Condannata la moglie del panettiere Bonafede 

 Dichiarò il falso per scagionare, senza tuttavia riuscirvi, il marito Giuseppe Bonafede. E per questo, alla fine del 2018, fu condannata ad un anno e quattro mesi di reclusione dal giudice monocratico di Marsala Iole Moricca.

Adesso, la sentenza di primo grado è stata confermata dalla Corte d’appello di Palermo. Ad essere condannata, per falsa testimonianza, è stata la 51enne marsalese Caterina Sciacca.

Alla donna è stato contestato di aver dichiarato il falso quando è stata ascoltata nel processo che ha visto il marito, Giuseppe Bonafede, 60 anni, ex presidente dell’associazione panificatori marsalesi, processato e condannato per minaccia nei confronti di Elisabetta Manzo.

Il 28 giugno 2013, davanti al giudice pace di Marsala, Caterina Sciacca dichiarò che il marito non aveva proferito alcuna minaccia verso la donna (che per questo lo denunciò), aggiungendo che si era limitato a dire che se la Manzo avesse chiamato i vigili urbani, non si sarebbero più salutati.

Per il giudice Moricca, però, la Sciacca, in quell’occasione, dichiarò il falso e per questo la condannò anche al pagamento delle spese processuali, a quelle di “lite” (1710 euro), nonché a 2 mila euro di risarcimento danni in favore della parte civile, Elisabetta Manzo, rappresentata dall’avvocato Ezio Di Marco. Lo stesso giudice Moricca, un anno fa, ha condannato il marito Giuseppe Bonafede a tre anni e 8 mesi di carcere per estorsione continuata in danno di diversi dipendenti del suo panificio. L’indagine fu avviata nel gennaio 2016 dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura, all’epoca diretta dal luogotenente Antonio Lubrano.