Non è stato solo un tragico incidente in mare. Ma dietro alla tragedia del peschereccio Nuova Iside c’è una collisione che qualcuno ha provato a occultare. Ci sarebbero responsabilità nascoste, tracce insabbiate, e molto altro.
Il “Nuova Iside” è affondato la notte del 12 maggio scorso al largo di San Vito Lo Capo. Nel naufragio hanno perso la vita Matteo Lo Iacono, 53 anni, il figlio Vito di 27 anni comandante del peschereccio e Giuseppe Lo Iacono, 33 anni, cugino di Matteo.
Ieri una svolta clamorosa. L’armatore, il comandante e il terzo ufficiale di coperta della motonave Vulcanello M sono stati arrestati dalla Guardia Costiera al termine dell’indagine della Procura di Palermo. Sarebbero considerati i responsabili del naufragio dell’imbarcazione affondata a largo di San Vito Lo Capo.
Il peschereccio era partito dal porto di Terrasini e navigava fra le acque del Trapanese e quelle del Palermitano prima di scomparire dai radar. Le successive ricerche della Guardia Costiera consentirono di recuperare i corpi di due dei tre membri dell’equipaggio e di individuare, con l’ausilio dei mezzi della Marina Militare, il relitto della nave. Oltre un mese dopo il naufragio venne invece recuperato sulla spiaggia di Gioia Tauro, in Calabria, il corpo del terzo pescatore. Per riconoscerlo ci sono voluti altri mesi e l’esame del Dna. Secondo le indagini della Procura di Palermo, in particolare dall’analisi del tracciato del radar, era emerso che la petroliera “Vulcanello” sarebbe stata sulla stessa rotta del peschereccio “Nuova Iside”.
“Da una visione dei sistemi di navigazione dell’unità la sera 12 maggio sono emersi – si legge in una relazione della sezione operativa della direzione marittima – ulteriori elementi probatori a carico del terzo ufficiale e del timoniere in guardia in plancia, Giuseppe Caratozzolo e Mihai Jorascu”, due dei quattro indagati per la presunta collisione.
Secondo il gip che ha firmato l'ordinanza d'arresto, i marittimi indagati “hanno mostrato di governare la navigazione in spregio alle elementari regole di prudenza, a tal punto da mettere a repentaglio non solo l'altrui ma la loro stessa incolumità fisica”. La petroliera avrebbe speronato il peschereccio “probabilmente trascinandolo con sé per almeno trenta secondi, scontrandosi più volte con lo scafo di quest'ultimo”. “In seguito all'impatto, sebbene il personale di condotta abbia avuto contezza di anomalie nulla è stato fatto per accertare cosa fosse successo, nessun segnale di allarme è stato inviato: la petroliera ha proseguito la proprio rotta”.
Dopo l'impatto, i due uomini in plancia avrebbero attivato il radar notturno con due ore di ritardo. Le successive indagini hanno portato al sequestro della scatola nera della motonave Vulcanello e all’ispezione della carena della stessa nave che ha coinvolto anche i carabinieri del Ris di Messina. Gli accertamenti hanno portato al sequestro della nave e all’individuazione di elementi che hanno consentito ad investigatori ed inquirenti di ipotizzare responsabilità della Vulcanello nel naufragio. Nel corso delle indagini gli investigatori della Guardia Costiera hanno anche eseguito una serie di perquisizioni nella sede della società armatrice della Vulcanello che hanno consentito di accertare che lo scafo della nave era stato ridipinto dopo la collisione con il peschereccio. E’ indagato per frode processuale e favoreggiamento Raffaele Brullo l'armatore e rappresentante legale della "Augusta Due Srl", la società titolare della petroliera, coinvolta nell'affondamento del peschereccio "Nuova Iside". Brullo avrebbe ordinato la pitturazione dell'opera morta dello scafo della nave, nonostante l'apertura dell'inchiesta della Procura. Oltre a Brullo, sono: il comandante Gioacchino Costagliola, il timoniere Mihai Jorascu e il terzo ufficiale Giuseppe Caratozzolo.
I familiari dei tre pescatori continuano a gridare giustizia: “sapevamo che quella notte era successo qualcosa di tremendo. Chi ha sbagliato è giusto che paghi”.
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In merito ai provvedimenti disposti dalla Procura di Palermo nei confronti del Dott. Brullo Raffaele nella loro indagine sulla scomparsa del peschereccio Nuova Iside, affondato a largo di San Vito Lo Capo il 12 maggio del 2020, il Professor Filippo Dinacci e l’Avvocato Giovanni Di Benedetto, difensori di fiducia del Dott. Brullo, evidenziano che dalla semplice lettura dell’ordinanza di custodia cautelare emerge come non sia addebitata al loro assistito alcuna condotta concreta dallo stesso posta in essere e che, pertanto, si è in presenza di un equivoco processuale che ci auguriamo la stessa Magistratura chiarirà quanto prima.