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13/02/2021 21:20:00

Trattativa Stato-Mafia, in aula nuovi riscontri alle dichiarazioni di tre pentiti

 Nuovi elementi al processo sulla Trattativa Stato Mafia. La Procura generale ha raccolto questo nupovo materiale riguardo alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Pietro Riggio, Carmelo Barbieri (entrambi di Resuttano) e Ciro Vara (di Vallelunga).

Dopo le deposizioni al dibattimento del generale dei carabinieri in pensione, Angiolo Pellegrini e del colonnello Alberto Tersigni sul rapporto confidenziale di Riggio, a cominciare dal 2000, con i carabinieri e ai rapporti che lo stesso agente della Polizia penitenziaria avrebbe avuto con la Dia di Palermo in quegli anni, la Procura ha acquisito altro materiale probatorio.  

Il sostituto procuratore generale Giuseppe Fici, nell’ultima udienza, ha detto alla Corte che «le audizioni del generale Pellegrini e del colonnello Tersigni hanno indotto la Procura generale ad acquisire ulteriori informazioni». Pellegrini e Tersigni per il pg Fici non hanno aiutato la Corte a capire come sono andate le cose.

La Procura generale di Palermo ha richiesto alla Dia di trovare tutto il materiale possibile, risalente dal 2000, al rapporto confidenziale tra Riggio indicato con i nomi in codice “Valanidi 2” e “Ugo” e gli ufficiali.

Il pg Fici ha poi ricordato che sono stati trovati 10 appunti riservati sulla fonte “Marco”, che sarebbe Carmelo Barbieri, cugino di Riggio, risalenti al periodo tra il 20 ottobre 2002all’11 aprile 2003.

Barbieri nei 18 mesi precedenti era stato oggetto di valutazioni e di interlocuzioni della Dia di Palermo, «ma non abbiamo nulla di documentale, riguardo al rapporto», ha aggiunto il pg Fici aggiungendo «credo che serva una spiegazione del generale Pellegrini». Lo stesso Carmelo Barbieri – sentito nel dicembre 2018 dai magistrati di Caltanissetta alla ricerca di riscontri alle dichiarazioni di Riggio – ha detto che era stato raggiunto in carcere dal generale Pellegrini per la cattura del latitante Provenzano e un’altra circostanza si incontrò con altre due persone (per la cattura del latitante corleonese) che gli dissero “noi siamo lo Stato e non lo siamo”, frase che fece pensare a Barbieri ai servizi segreti deviati come li chiamava Riggio.

Poi ci sono i riscontri trovati alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nisseno, Ciro Vara, ex storico capocosca della zona del Vallone che nel 2000. Vara ha raccontato che il medico Giovanni Napoli, che si occupava della latitanza di Bernardo Provenzano a Mezzojuso e dove lo stesso Napoli portò il confidente Luigi Ilardo il 31 ottobre 1995, quando il boss corleonese non venne catturato, malgrado l’imbeccata – gli confidò che in occasione dell’arresto, nel 1998, riuscì a salvare parte del suo ingente patrimonio economico, comprese delle proprietà a San Vito Lo Capo, perché vennero riconsegnati alla sua famiglia i dischetti con file del suo computer che aveva preparato per fare avere proprio a Provenzano.