Esce indenne, dopo un lungo processo, il 46enne Francesco Spezia, coinvolto nell’operazione antimafia “Eden” con l’accusa di corruzione.
La Cassazione ha, infatti, annullato senza rinvio la sentenza con cui la Corte d’appello di Palermo lo aveva condannato a tre anni di carcere. Adesso, la sesta sezione della Suprema Corte ha ritenuto legittimi i motivi di impugnazione della difesa: avvocati Rosalia Zarcone, Stefano e Andrea Pellegrino.
“Si chiude definitivamente – commentano i tre difensori, esprimendo la loro soddisfazione - una triste pagina che la giustizia ha dedicato a Francesco Spezia. L’ingiusto protrarsi del processo, oltre una ragionevole durata, ha determinato evidenti danni morali ed economici al nostro assistito”. In primo grado, Francesco Spezia, residente a Buseto Palizzolo, era stato condannato dal Tribunale di Trapani a 3 anni e sei mesi. Con esclusione dell’aggravante mafiosa. Fu, invece, assolta la moglie, Antonella Agosta. Il procedimento ruotava attorno al ruolo “occulto” che l’imprenditore Michele Mazzara avrebbe avuto nella “Spe.fra costruzioni srl”, azienda di cui risultava intestatario Francesco Spezia. I due, secondo gli inquirenti, avevano agevolato Mazzara nell’aggirare la tempesta di sequestri e confische operati dalle sezioni Misure di prevenzione. L’azienda edile era impegnata in numerosi appalti pubblici, come il rifacimento della chiesa di Messina e una scuola a Buseto Palizzolo. Secondo l’accusa, erano emersi “chiari indizi di colpevolezza” per fatti di corruzione nell’esecuzione, da parte della “spe.fra.”, di lavori di manutenzione nel carcere palermitano dell’Ucciardone.