La grande distribuzione si conferma come uno dei settori economici che più fa gola ai boss di Cosa nostra. Ne è prova il sequestro nei giorni scorsi nei confronti di un altro “re dei supermercati” che in Sicilia, grazie al consenso della mafia, ha accumulato un patrimonio di ben 150 milioni di euro.
Carmelo Lucchese, 55 anni, imprenditore palermitano, per gli inquirenti, pur non essendo organico a Cosa nostra, ha sempre operato sotto la sua ala protettiva, grazie alla quale è riuscito ad accrescere il suo giro d'affari, a discapito della concorrenza anche con attentati e danneggiamenti. Gli inquirenti, hanno anche riscontrato come il Lucchese si sia messo a disposizione per dare rifugio nell'ultimo periodo della sua latitanza al superboss di Cosa nostra Bernardo Provenzano.
Gli uomini del nucleo di polizia economica-finanziaria della Guardia di Finanza gli hanno sequestrato un patrimonio del valore complessivo, come detto, di 150 milioni, riguardante la società Gamac Group Srl che ha sede a Milano e che gestisce 13 supermercati tra Palermo e Bagheria, Termini Imerese, San Cipirello, Bolognetta, Carini, provincia e poi 7 immobili tra cui una villa nella zona di Pagliarelli, dove Lucchese vive, 61 rapporti bancari, 5 polizze assicurative e 16 autovetture tra cui due Porsche Macan, mezzi da lavoro e furgoni.
Secondo alcuni pentiti Lucchese sarebbe stato in contatto con il clan di Bagheria, traendone un vantaggio per se in questi anni. Non pagando il pizzo a Bagheria ad esempio, o pagandolo con prezzi calmierati a Palermo. Grazie anche a questo sarebbe riuscito ad espandersi nel settore della grande distribuzione avvalendosi di interventi di soggetti mafiosi, riuscendo ad acquisire altre attività commerciali, scoraggiando la concorrenza anche attraverso danneggiamenti, o liberandosi di alcuni soci scomodi con l'intervento dei boss, ha raccontato il pentito ed ex capo della famiglia mafiosa di Bagheria, Sergio Flamia.
Nella logica del reciproco vantaggio, Lucchese ha anche assunto i familiari dei boss nei propri punti vendita, quale riconoscimento del loro determinante intervento per l’espansione commerciale dell’attività. Nel corso dell’inchiesta è emerso che un poliziotto della “catturandi” della Mobile di Palermo avrebbe passato delle informazioni riservate su Lucchese. La moglie del poliziotto lavorava in un supermercato del gruppo che, negli anni, da piccola impresa a conduzione familiare è riuscito a trasformarsi in una realtà capace di fatturare 80 milioni di euro nel 2019.
Questa ennesima operazione nei confronti di Lucchese ribadisce come gli affari dei supermercati siano un modo per Cosa nostra di fare quadruplicare i soldi investendo i capitali illeciti del racket. Lo stesso superboss Bernardo Provenzano ne è un esempio e anche nel periodo finale della sua latitanza, prima di essere catturato nel casolare di Montagna dei Cavalli aveva l’interesse nell’apertura di un supermercato Despar, proprio nella sua Corleone e per avere ragguagli sull’iniziativa, chiese come fare a chi in pratica a chi era di fatto il detentore e responsabile del marchio nel trapanese, Matteo Messina Denaro, che con Giuseppe Grigoli e la 6GDO è riuscito ad aprire centinaia di supermercati in mezza Sicilia.
Quali sono i 13 supermercati sequestrati a Lucchese - Fanno capo alla Gramac e sono i due Conad SuperStore di Corso Finocchiaro e Viale Michelangelo, i tre Todis di via Re Federico, Corso Finocchiaro Aprile e via Capricorno ed ancora i Conad di via Argento e via Sunseri. A Carini è stato sequestrato il Conad SuperStore, e a Bagheria il Conad di via Passo del Corretto. A Bolognetta il Conad sulla statale 121, a San Cipirrello quello di contrada Bassetto e infine i Todis di via Papa Giovanni XXIII a Bagheria e quello al Centro Himera di Termini Imerese.
Allarme per 400 lavoratori - Nei 13 punti vendita sequestrati a Lucchese lavorano 400 dipendenti che ora sono con il fiato sospeso. Già a dicembre avevano avuto conferma di crisi dallo stesso imprenditore, che aveva annunciato un cambio di gestione. Ora si pone come in altri casi, in passato, il mantenimento delle attività e la gestione in amministrazione giudiziaria. L’esempio della 6Gdo di Grigoli o quello di Aligrup (di Nello Scuto) sono fallimentari, passati nelle mani dello Stato, i 197 dipendenti del primo gruppo e i quasi tutti i 478 dipendenti del gruppo Scuto, sono rimasti senza lavoro. I tentativi di salvataggio dalle aziende, cercando in alcuni casi di vendere, in altri di affittare diversi rami di aziende, si sono rilevati fallimentari e si è arrivati al licenziamento dei dipendenti. Ora è allarme per i 400 lavoratori del gruppo di Lucchese che rischiano di perdere il posto di lavoro.