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21/04/2021 06:00:00

  Ponte sullo Stretto, storia di un progetto che non si farà mai. Neanche con il Recovery

Dai romani, al Recovery Plan. Passano i secoli, le guerre e le pandemie. Il Ponte sullo Stretto di Messina è sempre immaginato, progettato al massimo, mai realizzato. Un’opera che negli ultimi decenni ha suscitato accesi dibattiti su costi, utilità, fattibilità tecnica. In questi anni il ponte è costato più progettarlo, pensarlo, imbastire società, spostare ferrovie, che realizzarlo concretamente.

E adesso che arrivano i miliardi del Recovery, fondi per un colpo di reni strutturale alla crisi da Covid 19, il progetto del ponte è tornato al centro del dibattito. Ma anche questa volta, l’idea di collegare Sicilia e Calabria, di completare il corridoio Berlino - Palermo, sembra sfumare. Un progetto pronto, ma che non vedrà la luce. Ripercorriamo, allora, le tappe principali del sogno di collegare la Calabria e la Sicilia.


La società Stretto di Messina
Ebbè, in realtà si dice che i romani abbiano pensato di realizzare non proprio un ponte, ma una fila di barche e botti per non permettere il passaggio delle imbarcazioni nello Stretto e sorreggere anche gli elefanti. Passano i secoli, si fa l’unità d’Italia, e si pensa di unificare, davvero, la Sicilia con lo Stivale. Progetti di ogni tipo, anche tunnel, vengono ipotizzati fino agli anni sessanta. Poi, 40 anni fa, viene creata la Società Stretto di Messina, era il 1981. La Stretto di Messina Spa, che raggruppa l’allora Iri, Ferrovie dello Stato, Italstat, Anas, le Regioni Sicilia e Calabria, ha così competenza esclusiva per la progettazione dell'opera, realizzazione e gestione. I progetti arrivano, ma miliardi di lire vanno in consulenze e incarichi, che sarebbero bastati a costruire il ponte. Dopo 20 anni di progettazione si concorda che la miglior soluzione per lo Stretto di Messina è un ponte ad un’unica campata con gli “ancoraggi” a terra, e non in mare.

 

Berlusconi ci prova
Poi arriva Berlusconi, che nei primi anni 2000, durante la campagna elettorale e i primi anni del suo secondo governo ha fatto partire roboanti annunci sulla realizzazione imminente del ponte. Nel 2003 venne modificato il progetto preliminare, due anni dopo durante il terzo governo Berlusconi, l'Associazione Temporanea di Imprese Eurolink S.C.p.A., capeggiata da Impregilo S.p.A. vince la gara d'appalto come contraente generale per la costruzione del ponte con un'offerta di 3,88 miliardi di euro. Poi però la Direzione Investigativa Antimafia avvisa il Parlamento: cosa nostra sta cercando di interferire nella realizzazione del ponte. Parte un’inchiesta. Arriva il governo Prodi, e l’iter rallenta, quasi si blocca.

 


 

Monti cestina
Berlusconi torna a Palazzo Chigi e ritorna la promessa del ponte. Nel 2010 arriva il progetto definitivo dal contraente generale Eurolink: oltre al progetto del ponte ci sono anche gli oltre 40 chilometri di raccordi stradali e ferroviari. Oltre ottomila elaborati progettuali che confermano tutte le impostazioni tecniche e i costi di costruzione del progetto preliminare redatto dalla società Stretto di Messina e approvato nel 2003 dal CIPE. Il dibattito però è sempre più aspro, l’Italia è in piena crisi, Berlusconi lascia la presidenza del Consiglio. Il Parlamento vota la soppressione del progetto del ponte sullo Stretto. Mario Monti deve mettere in riga i conti, l’Italia è allo sbando. In un anno e mezzo di governo cestina il progetto del ponte.
“Non esiste l'intenzione di riaprire le procedure per il ponte sullo stretto di Messina, anzi al contrario, il governo vuole chiudere il prima possibile le procedure aperte anni fa dai precedenti governi” dirà il ministro Clini. Nel 2012 la resa, nella legge di stabilità vengono stanziati 300 milioni per il pagamento delle penali per la non realizzazione del progetto. Nell’aprile 2013 la Stretto di Messina Spa viene messa in liquidazione.

 

Il Recovery
Poi arriva il Covid, e i copiosi fondi del Recovery. Piovono miliardi in Italia, ma anche stavolta, con un governo tecnico che gode di ampissimo consenso parlamentare, non è la volta buona per il ponte sullo Stretto. Secondo il ministero dei Trasporti, c’è poco tempo per rientrare nelle scadenze del Recovery. La data che sembra lontana, quella del 2026, è in realtà troppo vicina per realizzare un progetto che ha bisogno almeno 7 anni, salvo imprevisti, a meno che non si “spacchetta” l’opera per finanziarla in diversi modi. “Peccato perché la società concessionaria Stretto di Messina avrebbe già fatto tutto, non servirebbe neanche il dibattito pubblico previsto nel Codice dei contratti e per far partire i primi cantieri servirebbero al massimo 6-7 mesi cominciando con il rapporto con i soggetti aggiudicatari trasformando il contenzioso in accordo transattivo” scrive sul Corriere Fabio Savelli. Tante obiezioni in questi anni: è una zona sismica, c’è troppo vento, c’è il rischio delle infiltrazioni mafiose, ci sono altre priorità nel Paese, e al Sud in particolare.
E’ favorevole al Ponte il presidente della Regione Nello Musumeci: “Il mio governo ha trasmesso già nei mesi scorsi a Roma, un elenco di infrastrutture prioritarie, da finanziare con i fondi del "Recovery", con in testa l'opera sullo Stretto. E su questo ci confronteremo, senza ammettere furbizie e scorciatoie ad alcuno”. «Le nostre richieste non sono cento, ma pochissime. Sarebbe un gravissimo errore continuare con i metodi campanilistici e con la polverizzazione della spesa pubblica, come si è fatto con la Cassa per il Mezzogiorno: 20 mld del “Recovery” - conclude il Governatore nell’intervista al quotidiano - bastano appena per dare alla nostra Isola alcune delle infrastrutture essenziali».

 

 

Unioncamere, l’appello a Mattarella e Draghi
Appello al presidente Mattarella, al premier Draghi, al ministro Giovannini e all’UE. “Senza la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, in Sicilia non ci potrà mai essere lo sviluppo che da anni e anni inseguiamo per ridurre il divario tra il Nord e il mezzogiorno del Paese. Se perdiamo questa opportunità rischiamo di essere condannati alla marginalità”. Lo dice Pino Pace, presidente di Unioncamere Sicilia. “Il Ponte sulla Stretto va costruito, lo vogliono cittadini, che finalmente vedrebbero davvero la continuità territoriale, e imprese che potrebbero sviluppare nuove fonti di reddito e nuovi posti di lavoro. Ci sono la capacità e le risorse – aggiunge Pace – e chi dice il contrario evidentemente non ha a cuore le sorti della nostra Isola. Sappiamo tutti che le opere connesse alla realizzazione del Ponte sullo Stretto sono già inserite nei programmi di sviluppo e il potenziamento di infrastrutture come strade ferrate e autostrade verrà vanificato senza il Ponte, che costituisce un’attrattiva turistica a prescindere. Infatti, in tutto il mondo i ponti diventano un modo per richiamare turisti”. E a coloro che sostengono che ci sono altre priorità Pace ribatte: “Bisogna anche sgomberare il campo dai detrattori. Non è affatto vero, le altre infrastrutture non sono alternative al Ponte e non levano risorse, le risorse ci sono e quindi si può benissimo realizzare, tra l’altro,con soluzioni innovative legate alla tecnologia ‘green’ in linea con la traiettoria che l’UE vuol tracciare per l’economia dei prossimi decenni”. Infine, Unioncamere Sicilia, rappresentata dal presidente Pino Pace insieme con tutti i componenti della giunta riunitasi in mattinata, lancia un appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al presidente del consiglio Mario Draghi e al ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini, oltre che alle istituzioni dell’Unione Europea, che si occupano di pianificazione strategica, affinché si possa davvero realizzare quel sogno che non può restare tale.