Un “costante modus operandi” sarebbe stato messo in pratica per portare migranti in Italia in accordo con i trafficanti libici di esseri umani.
E’ quanto sostiene la Procura di Trapani nella relazione finale dell’inchiesta contro alcune Ong accusate tra il 2016 e il 2017, di aver favorito l'ingresso illegale di migranti e di aver avuto rapporti diretti con i trafficanti.
L'indagine, avviata tre anni fa, e che coinvolge 24 persone, gira attorno a tre Ong: Jugend Rettet, Save The Children e Medici Senza Frontiere.
Un’inchiesta che oltre a far parlare per ciò che si sarebbe scoperto sulle condotte delle Ong ha suscitato molta indignazione per le intercettazioni nei confronti dei giornalisti che si sono occupati di immigrazione e traffico di esseri umani. Giornalisti non indagati, intercettati, le cui conversazioni con fonti confidenziali sono state poi trascritte e diventate pubbliche.
Nelle oltre 600 pagine della relazione finale dell’indagine della Procura di Trapani gli inquirenti parlano di “numerose condotte di cui con la presente indagine si intende dimostrare l'illegalità, sono state messe in atto” dai 24 indagati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e altro “con un costante modus operandi caratterizzato da connotati ricorrenti e quasi sempre coincidenti”.
Secondo gli inquirenti a volte la nave dell’Ong “era a conoscenza dell'avvenuta partenza di unità nautiche (gommoni o barchini, nda) con migranti a bordo o talvolta intratteneva contatti di vario tipo (con i trafficanti, nda) anche al mero fine di indicare la propria presenza in zone di mare prossime al limite delle acque territoriali libiche”.
Scrive Il Giornale che quelli tra le navi Ong e le imbarcazioni dei trafficanti di esseri umani sarebbero stati dei “veri e propri appuntamenti”. Come nel caso di Vos Hestia, la nave noleggiata da Save the children, che nel luglio 2017 si piazzava «in acque internazionali antistanti le coste libiche, accogliendo a bordo numerosi migranti alla costante presenza di trafficanti che li avevano scortati mediante varie imbarcazioni e che sorvegliavano le operazioni finalizzate al trasbordo». Non solo: i «trafficanti al termine delle operazioni rientravano verso la Libia con le unità precedentemente impiegate per trasportare i migranti, rendendo così possibile il reimpiego dei mezzi per successivi trasporti. In tal modo procedendo ad una vera e propria consegna concordata di migranti».
Nel dossier finale dell’inchiesta di parla di «contatti e comunicazioni intraprese dagli indagati con i trafficanti di esseri umani, che manifestano connotati atti a delineare un complessivo accordo preordinato tra trafficanti e Ong. Di fatto, secondo le emergenze investigative, si costituivano i presupposti per un pressoché regolare svolgimento del traghettamento dei migranti dalle coste libiche di provenienza verso le navi Ong pronte ad attenderli».
Un altro episodio è datato 18 giugno 2017, con i tedeschi di Jugend Rettet che “si incontravano in acque internazionali con trafficanti libici a bordo delle rispettive imbarcazioni, quindi facevano momentaneo ritorno presso la motonave Juventa (mentre i trafficanti si dirigevano verso le acque libiche), e, da ultimo, si incontravano nuovamente con i trafficanti, che questa volta scortavano un'imbarcazione con a bordo dei migranti che venivano poi trasbordati sulla motonave”.
Secondo quanto riporta la relazione degli inquirenti, sarebbe esistito «un tacito accordo» con i trafficanti, che coinvolgeva anche nave Vos Hestia e Vos Prudence di Msf.
Alcuni filmati rivelano che i volontari avrebbero riconsegnato agli scafisti le barche con cui avevano trasportato fino a loro i migranti.