E’ stata ribaltata in appello, con assoluzione “perché il fatto non sussiste”, la sentenza con cui il gup di Marsala, il 25 settembre 2019, aveva condannato a tre anni e 8 mesi di carcere per estorsione (in concorso con un fratello) al titolare del Bar Sandokan di Petrosino, il 29enne presunto mafioso di Strasatti Alessandro D’Aguanno.
L’imputato è stato difeso dall’avvocato Luigi Pipitone, che davanti la quarta sezione della Corte d’appello di Palermo ha puntato anche sulla “inutilizzabilità” delle intercettazioni, a suo parere acquisite “illegittimamente” nell’abbreviato davanti al gup “al solo fine di ammantare di inattendibilità le dichiarazioni rese dalla presunta persona offesa, e poter così giustificare un giudizio di colpevolezza”.
Il titolare del bar, infatti, ha dichiarato, anche nel processo che era Gaspare D’Aguanno, 35 anni, quello che chiedeva i soldi, mentre il fratello minore Alessandro interveniva, dopo essere stato chiamato al telefono dal titolare del bar, per dire al primo di dimezzare la richiesta, che lui non è stato vittima di estorsione.
L’avvocato Pipitone ha anche evidenziato che le intercettazioni sono state effettuate dai carabinieri nell’ambito di un’altra indagine “per periodi diversi” da quello del procedimento in questione (quella poi sfociata nell’operazione antimafia “Visir”, che in Tribunale, a Marsala, lo scorso anno, ha visto la condanna di Alessandro D’Aguanno a 16 anni di reclusione, ndr). Negli atti acquisiti dal gup nel luglio 2019, aggiunge il difensore, non si fa “riferimento a condotte o coinvolgimenti di D’Aguanno Alessandro nei fatti che riguardavano il di lui fratello, Gaspare”. Infine, ha concluso il legale, “il contenuto delle intercettazioni deve ritenersi privo dei connotati qualificanti il delitto di estorsione, asseritamente perpetrato ai danni di Sanguedolce Michelangelo (il titolare del bar, ndr), il quale ha espressamente escluso di avere percepito come richieste estorsive quelle, sostanzialmente, esternategli da D’Aguanno Gaspare. Inoltre, il Sanguedolce ha espressamente escluso di avere mai subito richieste estorsive da D’Aguanno Alessandro, precisando di non averlo mai denunciato per alcun fatto di reato”.
Ma per l’accusa, Alessandro D’Aguanno fornì un “supporto fattivo” alle richieste estorsive del fratello Gaspare con la sua azione di “apparente” mediazione con il titolare del bar, convincendo diverse volte il secondo ad abbassare la richiesta di denaro da 100 a 50 euro. Le contestazioni sono datate fine dicembre 2014. Per questi e altri fatti analoghi dell’estate 2016, due anni fa il Tribunale di Marsala (presidente del collegio: il giudice Vito Marcello Saladino) condannò Gaspare D’Aguanno sette anni di carcere (con lui, a 5 anni venne condannato anche Giuseppe Bonafede). Per questo processo, dopo la conferma in Corte d’appello, c’è ricorso in Corte di Cassazione, dove l’avvocato Luigi Pipitone si presenterà con l’assoluzione in secondo grado di Alessandro D’Aguanno, nella speranza che venga rivalutata l’intera questione.