Uomo vicino ai vertici della famiglia mafiosa di Marsala. Ha curato, per un periodo, la latitanza del boss ergastolano Antonino Rallo. E’ rimasto a disposizione per assistere le famiglie dei sodali. Ma il nuovo corso della famiglia mafiosa di Marsala non gli andava a genio. Michele Lombardo, detto “Michelone”, è una di quelle figure, all’interno di una cosca mafiosa, a metà tra la manovalanza e il braccio destro. Speranzoso di un “aumento di grado”. E’ stato arrestato nell’operazione antimafia “Visir” che nel 2017 smembrò ciò che restava della famiglia mafiosa marsalese. Nei giorni scorsi gli sono stati sequestrati beni per circa 500 mila euro. Lombardo è stato condannato a 8 anni e 20 giorni in appello nel processo Visir.
La famiglia mafiosa di Marsala
Le indagini dell'operazione hanno interessato il mandamento mafioso di Mazara del Vallo e in particolare la famiglia mafiosa di Marsala (comprendente Petrosino) della quale gli investigatori hanno tracciato una sorta di organigramma. E proprio della famiglia mafiosa di Marsala, al centro dell’operazione “Visir”, qualche anno fa Messina Denaro scriveva a Bernardo Provenzano che a Marsala avevano arrestato tutti e non aveva più uomini a disposizione. Con il passare del tempo le cose sono cambiate e oltre alla nuova presenza di uomini d’onore, la famiglia mafiosa di Marsala, caratterizzata anche da conflittualità interne tra i suoi affiliati, ha visto l’intervento del latitante di Castelvetrano che nel gennaio 2015, secondo quanto riferito da Nicolò Sfraga, era pronto a risolvere con la forza le eventuali inosservanze sul mantenimento dell’equilibrio interno. A capo della famiglia lilibetana, Vito Vincenzo Rallo, fratello di Antonino Rallo, ergastolano e già al vertice della cosca marsalese, è considerato da tutti gli altri arrestati quale organo direttivo e giudice delle controversie. Perchè negli anni di continua organizzazione, stroncata dalle continue operazioni antimafia, la cosca marsalese era molto litigiosa.
La latitanza del boss
Michele Lombardo, in qualità di affiliato a cosa nostra trapanese, attraverso rapporti privilegiati e fiduciari con numerosi esponenti anche di vertice della famiglia Marsala e del mandamento di Mazara del Vallo, si occupava della gestione delle attività illecite sul territorio e del mantenimento dei sodali detenuti.
Per un periodo Lombardo ha dato sostegno logistico alla latitanza del boss ergastolano Antonino Rallo (allora al vertice della famiglia di cosa nostra di Marsala).
I conflitti
Era un fedelissimo di Antonino Rallo, Michele Lombardo che quando viene arrestato sarà alle dipendenze del fratello Vito Vincenzo Rallo. Ma c’è nuova gente che crea fastidi.
“Il sole ci deve riscaldare tutti”, dice Vincenzo D’Aguanno, uno degli arrestati nell’operazione Visir, a colloquio, nel suo recinto di Petrosino, con Michele Lombardo.
Una frase che racchiude in sé due elementi importanti; uno è quello dell’appartenenza all’associazione criminale, l’altro è, invece, quello del comune obiettivo degli esponenti della famiglia mafiosa: dividersi i proventi dei loro traffici e in parti uguali. Ma se da un lato questi intenti comuni vengono sottolineati nel corso degli incontri, dall’altro tra gli esponenti della consorteria marsalese si registrano diverse controversie nate proprio dalla iniqua spartizione dei soldi tra gli appartenenti e l’ingerenza, considerata indebita, di alcuni affiliati.
La natura di questi contrasti è palese in uno dei colloqui registrati tra D’Aguanno e Lombardo, appartenenti alla decina di Strasatti-Petrosino. Siamo nell’ottobre del 2014, i due pur riconoscendo la guida della famiglia in Vincenzo Rallo, mostrando nei suoi confronti assoluta fedeltà, criticano duramente alcuni affiliati. In particolare Michele Lombardo, detto Michelone, racconta a D’Aguanno del suo risentimento nei confronti di Michele Giacalone, altro arrestato nell’operazione Visir. Questi è ben visto dal capofamiglia Rallo per via delle sue erogazioni di denaro.
Così Lombardo racconta il colloquio avuto con Rallo proprio su Michele Giacalone: “Lo sai perchè tu ti tieni a questo? Perchè tu sei amico dei soldi! Invece io che ti ho fatto lo scavo… con i ferri miei… e non mi hai dato neanche una lirà nè tu nè tuo fratello… io sono tinto! Perchè questi… i ferri erano miei… invece Michele Giacalone che ti fa tutti i mattoni là e viene ogni minuto che vuole i soldi da te e come si chiama… è buono!”.
Il sequestro dei beni
A Michele Lombardo vengono sequestrati beni per 500 mila euro. Un provvedimento scaturito dalle complesse indagini patrimoniali svolte a carico degli indagati che hanno già portato al sequestro con contestuale confisca di altri ingenti patrimoni, e che sottrae al mafioso marsalese una società che opera nel settore dell’edilizia (movimento e trasporto terra), 21 mezzi d’opera e diversi rapporti bancari, per un valore, appunto, pari a circa cinquecentomila euro.