La Cassazione conferma otto condanne per i boss coinvolti nell'operazione "Icaro", che ha svelato gli intrecci e i collegamenti con le organizzazioni criminali dell'agrigentino e quelle trapanesi e in particolare è stato scoperto che il boss Pietro Campo, in un colloquio con l'altro boss Leo Sutera, aveva detto di aver incontrato Matteo Messina Denaro.
Confermate le condanne dalla Corte di appello di Palermo. La pena più alta - 15 anni di reclusione - è stata inflitta a Vincenzo Marrella, 66 anni di Montallegro. Dodici anni ciascuno sono stati inflitti ad Antonino Abate, 34 anni, di Montevago; Stefano Marrella, 65 anni, di Montallegro; l'omonimo Vincenzo Marrella, 47 anni, di Montallegro e Francesco Tortorici, 42 anni, di Montallegro. Ad Antonino Grimaldi, 54 anni, di Cattolica Eraclea, i giudici hanno inflitto 13 anni.
Quattro anni ciascuno, infine, a Carmelo Bruno, 53 anni e Roberto Carobene, 44 anni, entrambi di Motta Santa Anastasia. Gli imputati sono ritenuti affiliati delle famiglie mafiose della provincia di Agrigento, in fase di riorganizzazione.
L’inchiesta ha svelato il ruolo in seno a Cosa Nostra di alcuni personaggi della vecchia mafia. Il boss Pietro Campo (condannato a 14 anni nello stralcio abbreviato del processo) incontrò il capomandamento Leo Sutera e gli raccontò di avere incontrato Matteo Messina Denaro.
Le telecamere a distanza della polizia documentarono il colloquio in aperta campagna, avvenuto il 22 maggio del 2012, con tutti i commenti dei due protagonisti. Gli sviluppi investigativi successivi non hanno portato all’esito sperato. Il Ros, che indagava sul legame fra le famiglie agrigentine e quelle trapanesi, chiese alla Dda di rendere segreta quella nota perché conteneva indicazioni preziose sulla localizzazione del latitante. Talmente segreta che solo al processo venne versata agli atti.