MARSALA – Con la testimonianza di un investigatore (il luogotenente della Guardia di finanza Antonio Lubrano) entrerà nel vivo, il prossimo 1 settembre, in Tribunale, a Marsala, un processo ad un mazarese, Michele Lungaro, accusato di avere concesso prestiti a tasso di usura ad un nipote (Antonino Falcone, il figlio della sorella), che quando si stancò di versare le somme che sarebbero state pretese in cambio, denunciò lo zio.
Michele Lungaro è noto, a Mazara, come gestore di un centro di vendita all’ingrosso di calzature in una traversa di via Castelvetrano (un’attività che poi, a quanto pare, è stata intestata alla figlia).
“Avrai pane per i tuoi denti” avrebbe detto lo zio al nipote quando questi gli disse che non gli avrebbe dato altro denaro. A difendere Lungaro sono gli avvocati Cavarretta e Vento, mentre legali di parte civile per l’accusatore, Antonino Falcone (figlio di una sorella di Lungaro), sono Arianna Russo e Simone Bonanno. L’1 settembre, il luogotenente Antonio Lubrano verrà ascoltato sull’attività d’indagine svolta sul caso quando era responsabile della sezione di pg delle Fiamme Gialle della Procura di Marsala. All’inizio del 2017, fu incaricato dal sostituto procuratore Antonella Trainito di sentire Falcone, che alcuni mesi prima, nell’aprile 2016, si era presentato ai carabinieri di Marsala per denunciare lo zio. E alla sezione di pg della Guardia di finanza la presunta vittima di usura avrebbe confermato le accuse contenute nella denuncia presentata all’Arma. Nella querela, Antonino Falcone spiegava che dal 2001 gestiva, insieme alla moglie, una rivendita di tabacchi a Mazara e che per rilevare tale rivendita stipulò un mutuo con una banca. Poi, dopo tre o quattro anni, incontrando difficoltà economiche, stipulò un nuovo mutuo con un altro istituto di credito, estinguendo il primo mutuo. Successivamente, nel 2003, nonostante i ricavi dell’attività andassero “discretamente”, ebbe altre difficoltà economiche. E chiese un prestito allo zio. Quest’ultimo, ai primi di dicembre, gli avrebbe dato 4 mila euro in contanti. In cambio vennero consegnati assegni per pari importo che vennero incassati dal Lungaro alla fine dello stesso mese. E nello stesso periodo fu incassato dal presunto usuraio un altro assegno di mille euro consegnatogli privo di data. Un secondo prestito (3300 euro) fu chiesto poco prima del Natale 2011. Stavolta, però, alla scadenza dell’assegno, il nipote non aveva il denaro sufficiente e avrebbe chiesto una proroga allo zio, che gli avrebbe richiesto, secondo l’accusa, altri due assegni di 1.000 euro ciascuno. Ed inoltre 1.300 in contanti, che il nipote non gli diede. A fronte, quindi, dell’originario prestito di 3.300 euro, Lungaro avrebbe preteso dal nipote l’assegno di 3.300 euro, quello di 1.300 e due da 1.000, oltre ai due nuovi assegni da 1.000 ciascuno. Questi ultimi due sarebbero stati incassati da soggetti che Falcone ha detto di non conoscere. E non essendo denaro sufficiente nel suo conto, la banca lo chiamò. Per evitare di mandarlo in protesto, lo zio gli avrebbe richiesto 170 per le spese bancarie. Poi, gli avrebbe presentato un conto complessivo di circa 12 mila e 800 euro. A fine maggio 2013, il debito si “riduceva” a 9.870 euro. A quel punto, Falcone avrebbe detto al Lungaro che gli aveva già dato più di quanto gli spettava e che era stanco di essere vessato da lui. Lo zio gli avrebbe risposto: “Avrai pane per i tuoi denti”. Ciò nonostante, il nipote ha detto che lo zio non lo ha mai minacciato affinché onorasse gli assegni.
Dai calcoli effettuati dalla sezione di pg della Guardia di finanza il tasso di interessi pretesi sarebbe oscillato tra il 300 e il 400 per cento annuo.