Si segue la pista familiare nelle indagini per fare luce sull'omicidio di Salvatore Lupo, ex presidente del consiglio comunale di Favara, ucciso ieri in un bar. Lupo è stato ucciso da un killer che ha agito a volto scoperto, aspettando che lui uscisse dal bagno. Il barista, che ha assistito alla scena, dice di non ricordare nulla. Sono scartate le piste legate alla criminalità organizzata e alla politica, si cerca invece nell'ambito lavorativo e familiare. Lupo gestiva alcuni centri per disabili, era stato pure arrestato e da poco rinviato a giudizio con la moglie. Qualche giorno fa avrebbe avuto una lite fortissima con un congiunto.
Sono ore di indagini a Favara dove i carabinieri stanno analizzando le immagini dei sistemi di videosorveglianza presenti nella zona di via IV Novembre dove è avvenuto l'omicidio di Salvatore Lupo, l'ex presidente del consiglio comunale assassinato con due colpi di pistola mentre si trovava nei pressi di un bar.
Il titolare del locale non avrebbe saputo indicare nessun elemento per identificare l'autore dell'omicidio, ma i militari dell'Arma della tenenza di Favara e quelli della compagnia di Agrigento che indagano sul delitto, coordinati dal procuratore capo Luigi Patronaggio e dall'aggiunto Salvatore Vella, si stanno concentrando sulla vita, e sui rapporti personali, della vittima. Pare che Lupo avesse forti contrasti economici e dissidi in ambito familiare.
Secondo gli investigatori, l'omicidio sembra sia stato pianificato: qualcuno potrebbe aver seguito Lupo e atteso che uscisse dal bagno del bar per esplodergli contro almeno due colpi di pistola che lo hanno freddato.
La vittima sarebbe entrato nello Snack American Bar di via IV Novembre, strada nel cuore di Favara e avrebbe chiesto di andare in bagno. L'omicidio si sarebbe consumato una volta uscito, sotto gli occhi del barista. Da quanto appurato dagli investigatori a sparare sarebbe stata una sola persona a volto scoperto che avrebbe fatto fuoco contro Lupo con almeno due i colpi di pistola.
Salvatore Lupo era un imprenditore nel settore delle residenze per anziani e responsabile di alcune strutture per disabili. Era stato eletto consigliere comunale nel 2011 in liste civiche del centrodestra, diventando poi presidente del consiglio comunale nel 2015 dopo le dimissioni di Leonardo Pitruzzella da consigliere.
Lo scorso 20 maggio era stato rinviato a giudizio - dal gup del tribunale di Agrigento Francesco Provenzano - assieme ad altri 7 imputati nell'ambito dell'inchiesta sulla comunità per disabili psichici di Licata in cui gli ospiti subivano maltrattamenti.