Erano davvero partiti dall'Italia convinti di prendere Matteo Messina Denaro. Ma hanno arrestato un'altra persona. A quasi una settimana di distanza, emerge la verità sull'operazione che ha portato, mercoledì scorso, la polizia olandese a fare un blitz in un ristorante de L'Aja, arrestando tre persone.
La notizia è rimbalzata in Italia venerdì pomeriggio (qui l'articolo su Tp24), con un retroscena incredibile: il mandato di arresto europeo, partito dall'Italia, era per Matteo Messina Denaro.
L'arrestato, però, diceva di essere un uomo d'affari inglese, in Olanda per seguire il Gran Premio, e alla fine il Dna ha provato che non era lui.
Un ennesimo buco nell'acqua nella ricerca del latitante. Ma da chi è partita la richiesta di arresto? A Palermo e Trapani non ne sapevano nulla, così come al Servizio Centrale Operativo.
E quindi? La richiesta è partita niente meno che dalla procura di Trento. E' stata infatti un'operazione portata avanti dal procuratore Sandro Raimondi e dagli investigatori del nucleo di polizia giudiziaria. Sono stati loro a chiedere alla polizia olandese di fare con urgenza il blitz al ristorante Het Pleidooi, dove quello che secondo loro era Messina Denaro (che, ricordiamo, è latitante dal 1993) era seduto al tavolo con altre due persone. Il blitz è stato imponente, i tre sono stati ammanettati e addirittura bendati, poi caricati su un furgone. Il ristoratore ha raccontato che sembrava una scena da film. Mark L., questo il nome del "sosia" del boss, è stato rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, ma il suo avvocato è riuscto a tirarlo fuori: "Se lui è Messina Denaro, io sono il Papa".
L'uomo è stato rilasciato con tante scuse. E molto imbarazzo. I Paesi Bassi scaricano la responsabilità sull'Italia ("Noi - dicono le autorità olandesi - siamo dei semplici esecutori"), e la Procura di Trento è accusata di non aver condiviso con altre procure più esperte rispetto alla caccia al latitante le informazioni in suo possesso.