Lo storico legame che unisce “mafia-massoneria-politica” rimane una delle caratteristiche peculiari del Trapanese. In questo modo all’interno delle logge massoniche occulte o deviate, si annida un vero e proprio “potere parallelo” capace di inquinare l’attività amministrativa e la gestione della cosa pubblica.
La mafia trapanese caratterizzata da una tradizione familiare e storicamente collegata con quella palermitana non presenta segnali di cambiamenti organizzativi, strutturali o di leaderhip, e infatti, Matteo Messina Denaro rimane la figura più carismatica e punto di riferimento delle famiglie, anche se non mancano segnali di insofferenza. Sono queste le evidenze su Cosa nostra in provincia di Trapani riportate nella relazione semestrale della DIA, presentata nei giorni scorsi in Parlamento.
4 storici mandamenti e 17 famiglie - La struttura criminale mafiosa continua ad essere articolata nei 4 mandamenti di Trapani, Alcamo, Mazara del Vallo e Castelvetrano. Questi che, a loro volta, risultano suddivisi in 17 famiglie. Le 4 famiglie di Trapani, Custonaci, Paceco, e Valderice del mandamento di Trapani. Le 3 famiglie di Alcamo, Calatafimi e Castellammare del Golfo del mandamento di Alcamo. Le 4 famiglie di Mazara del Vallo, Marsala, Salemi e Vita del mandamento di Mazara del Vallo. Le 6 famiglie di Castelvetrano, Campobello di Mazara, Gibellina, Partanna, Salaparuta/Poggioreale e Santa Ninfa del mandamento di Castelvetrano.
Le dinamiche delle diverse famiglie - Le posizioni di vertice dei mandamenti di Trapani e Alcamo risultano stabilmente detenute da noti esponenti delle storiche famiglie con un sistema di successione quasi “dinastico”. Il mandamento di Castelvetrano farebbe riferimento tutt’ora a Matteo Messina Denaro il quale che per le posizioni di vertice dell’organizzazione ha sempre scelto elementi appartenenti alla propria cerchia familiare. Più dinamica risulta la situazione di Mazara del Vallo per il cui mandamento, come pure per la famiglia di Marsala, la questione della reggenza starebbe attraversando una fase di transizione. Allo stato tuttavia non si evidenziano criticità che lascino ipotizzare un conflitto interno tra fazioni. Cosa nostra trapanese ha maturato la consapevolezza dell’inopportunità di scatenare lotte cruente come di recente confermato dalla frase di un uomo d’onore di Castellammare secondo cui non c’è “più nessuno disposto a fare una cosa di questa...i tempi sono diversi”.
Welfare mafioso - Le famiglie mafiose trapanesi non presentano segnali di mutamento organizzativo, strutturale o di leadership. Forti sono la pervasività e la pressione esercitate sul tessuto economico e sociale. La mancanza di servizi e di lavoro facilita le consorterie nei rapporti con la popolazione che, a seconda dei casi, viene approcciata con i tipici meccanismi del welfare mafioso o dell’assoggettamento. Importante appare poi il legame tra la mafia trapanese e le “consorterie statunitensi”. Sono stati infatti documentati recenti contatti tra il capo della famiglia di Castellammare ed esponenti della famiglia Bonanno di New York, attraverso “...diversi incontri avuti dal boss con soggetti italoamericani di origine castellammarese, inseriti nel contesto mafioso statunitense...”.
Gestione manageriale degli interessi criminali - La mafia trapanese “silenziosa” privilegia un modus operandi collusivo-corruttivo, ricercando patti basati sulla reciproca convenienza e sulla forte capacità di infiltrare vari settori d’impresa, nonché attuando una gestione sempre più “manageriale” degli interessi criminali. Una valutazione confermata dal Procuratore Distrettuale Antimafia, Francesco Lo Voi, il quale ha evidenziato come “...Alcune indagini poi, hanno svelato intrecci e cointeressenze tra il mondo imprenditoriale più vicino a cosa nostra trapanese e il mondo della politica, con ...misure cautelari e imputazioni nei confronti di ex deputati regionali e nazionali, esponenti politici locali e canditati nelle diverse competizioni elettorali. Certamente grave e inquietante, anche al di là della rilevanza penale delle singole condotte, la riservata interlocuzione, registrata nel corso di diverse indagini preliminari, tra esponenti mafiosi e amministratori locali. Consistenti pure le emergenze relative ai rapporti con alcuni dirigenti della burocrazia regionale, coinvolta, ... in vicende corruttive di notevole rilievo.
Corruzione e operazioni antimafia - Testimonianza della capacità corruttiva della mafia è data dalla prosecuzione dell’operazione “Megawatt”. Nel dicembre 2020 la Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un provvedimento di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emesso dal gip del Tribunale di Palermo, nei confronti di Marcello Asciutto, 58enne, funzionario della Regione Siciliana, accusato di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio. Lo stesso avrebbe ricevuto 30 mila euro ai fini dell’indebito rilascio di informazioni e autorizzazioni per la costruzione di impianti di biogas (poi non realizzati) nelle province di Trapani e Siracusa in favore di imprenditori del settore già arrestati nell’ambito della stessa indagine che ha coinvolto Paolo Arata e il re dell’eolico Vito Nicastri. Altra importante operazione antimafia è stata “Ruina" conclusa dalla Polizia di Stato il 15 dicembre 2020 con l’arresto di numerosi soggetti di cosa nostra trapanese, alcuni dei quali ai vertici dei mandamenti di Alcamo e Mazara del Vallo. Gli indagati rispondono a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, incendio e furto. Tra i soggetti coinvolti figura anche l’ex sindaco di Calatafimi Segesta Antonino Accardo che avrebbe ottenuto l’incarico attraverso una compravendita di voti.
Matteo Messina Denaro punto di riferimento di Cosa nostra trapanese, ma non mancano le insofferenze - Matteo Messina Denaro è ancora la figura criminale più carismatica della mafia trapanese. Capo mandamento di Castelvetrano, nonostante sia latitante, rimane il principale punto di riferimento per decidere le questioni di maggiore interesse dell’organizzazione, per dirimere le controversie e per nominare i vertici delle articolazioni mafiose. Va tuttavia evidenziato che benché “u siccu” continui a beneficiare della fedeltà di molti sodali non mancano segnali d’insofferenza. Alcuni affiliati sarebbero infatti insoddisfatti di una gestione di comando troppo impegnata a curare la sempre più problematica latitanza del boss, anche in ragione della costante azione investigativa in larga parte volta a colpirne la rete di protezione. Numerosi infatti sono gli arresti dei fiancheggiatori che si sono susseguiti alla guida dell’organizzazione trapanese. Nondimeno hanno inciso le confische dall’ammontare miliardario eseguite nel corso degli anni ei confronti di soggetti rientranti nella cerchia relazionale di Messina Denaro, che hanno colpito gli asset della consorteria nei settori imprenditoriali più vari. In tale panorama criminale si deve anche tener conto dei mafiosi tornati in libertà e che dopo aver espiato la pena spesso riprendono il loro “vecchio” ruolo nell’organizzazione.
Affari con le famiglie di altre province e regioni - Cosa nostra trapanese concludere “affari” con le famiglie di altre province siciliane nonché con consorterie operanti in altre regioni. Tale aspetto trova conferma nel semestre dagli atti di un’attività investigativa che ha consentito di individuare la catena di soggetti responsabili, a vario titolo e “…con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare le associazioni mafiose Cosa nostra e ‘ndrangheta…”, della latitanza di un narcotrafficante originario di Mazara del Vallo. Si conferma infine la presenza di piccole formazioni criminali autonome attive soprattutto nella commissione di reati predatori, nonché la persistente operatività di sodalizi di matrice etnica principalmente dediti al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al contrabbando di sigarette e allo spaccio “al minuto” di sostanze stupefacenti. Si tratta di gruppi che sarebbero tollerati da cosa nostra in ragione della loro marginalità. Costituisce invece elemento di diversità rispetto alla confinante provincia palermitana l’assenza di evidenze circa il radicamento di cellule criminali di etnia nigeriana.