La direzione distrettuale antimafia di Palermo indaga su presunte infiltrazioni mafiose nel villaggio turistico Torre Macauda di Sciacca. Al centro dell'inchiesta il vecchio boss Salvatore Di Gangi, 79 anni, che non avrebbe smesso di curare i suoi affari, nonostante il carcere. Coinvolto anche il figlio del capomafia, Alessandro, 42 anni.
Gli agenti del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo hanno effettuato numerose perquisizioni tra Sciacca, Agrigento e Palermo, notificati otto avvisi di garanzia.
L’ipotesi degli investigatori del Gico è che l’ombra del capomafia sia tornata pesante sul complesso turistico Torre Macauda di Sciacca, che negli anni scorsi dopo essere stato messo all’asta è stato rilevato da una nuova società, la Libertà immobiliare. Perquisite anche in due filiali di banca a Palermo, studi professionali e abitazioni. I reati ipotizzati sono trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e falso.
La proprietà di Torre Macauda dopo alcuni anni di ottimi risultati, venne coinvolta in un'inchiesta di mafia, le strutture furono poste sotto sequestro e poi affidate ad una società esterna, che le ha gestite, ma nel corso degli anni tramite prestanome i boss di Sciacca sarebbero tornati materialmente in possesso del villaggio turistico.
Nella complessa vicenda sono coinvolti anche due professionisti, Maurizio Lupo, 61 anni e Luigi Vantaggiato, 68 anni, l’imprenditore veneto Francesco Donà delle Rose, Anna Maria Lo Muzio, 67 anni, il funzionario di banca Vincenzo Coglitore, 61 anni, Francesco Corvelli, 66 anni. Le perquisizioni riguardano anche studi professionali e abitazioni degli indagati.
Il boss Di Gangi, fedelissimo del capomafia Totó Riina, sarebbe riuscito a rimettere le mani su Torre Macauda attraverso una società da lui controllata, la Libertà Immobiliare che gestisce il complesso turistico.
La filiale di UniCredit, che in una procedura esecutiva relativa all’albergo era titolare di un credito, vendette alcuni lotti alla Libertà Immobiliare: secondo gli inquirenti però la società, grazie alla complicità del funzionario di banca, avrebbe pagato solo parte degli 8 milioni corrispondenti al valore di acquisto dei lotti stessi. Da qui l'accusa di falso per Coglitore.
All’operazione avrebbe partecipato delle Rose che avrebbe finanziato l’acquisto sapendo che dietro c'era Il boss Di Gangi. L’imprenditore risponde di concorso esterno in associazione mafiosa. «I difensori di Francesco Donà dalle Rose si dichiarano pronti a dimostrare l’estraneità del loro assistito alle ipotesi formulate dalla Procura di Palermo, oggetto di indagine. La famiglia si chiude nel più stretto riserbo confidando nell’operato della magistratura», dichiarano i legali.
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L’Avv. Antonino Gattuso difensore del dott. Maurizio Lupo, ha predisposto memoria e documenti che verranno proposti all’attenzione della Procura della Repubblica contestualmente all’interrogatorio al quale il predetto professionista ha chiesto di essere sottoposto. In quella sede si confida che verranno chiariti tutti gli equivoci ed i dubbi degli inquirenti rispetto alle accuse dalle quali il dott. Lupo si professa assolutamente estraneo e lontano per storia, principi ed etica personale e professionale.