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09/11/2021 06:00:00

  La banda di rapinatori di Trapani. I pedinamenti e le chiavi rubate per i colpi nelle ville

Continuiamo a raccontare i particolari dei colpi messi a segno dalla banda di rapinatori di Trapani e dintorni sgominata dai Carabinieri.

Una banda, come abbiamo scritto ieri su Tp24, che non si creava scrupoli, se le cose fossero andate male, a sparare. Il loro modus operandi partiva dal pedinamento delle vittime, dall’osservazione delle ville da colpire. Avevano attrezzature e tecnologie per spiare i facoltosi proprietari delle villette da rapinare.


Tra le rapine perpetrata dalla banda, c'è quella messa a segno il 17 dicembre del 2018 a Custonaci. Nel mirino, i coniugi Giovanni Mucaria e Illuminata Pollina. Bottino, 60 mila euro. E di quel “colpo”, Andrea Mottola (morto mesi fa in un incidente stradale) parla in auto con Pio Cappelli. Quest'ultimo, durante il tragitto indica a Mottola una abitazione: “C'è un lavoro da fare”. Sa che in quella abitazione c'è una cassaforte e racconta a Mottola di aver già fatto un sopralluogo con Ivan Randazzo. Cappelli rileva a Mottola che la famiglia che abita in quella abitazione aveva già subito una rapina, ma gli autori non riuscirono a trovare la cassaforte. Mottola rispondeva che loro, invece, avevano fatto una cosa “Puntata”. Non capendo a cosa di riferisse, Cappelli chiede: “Chi?”. Mottola allora precisa che si riferiva alla “custonaciota”. Il riferimento, per gli investigatori, è ad Illuminata Pollina derubata, assieme al marito, nella sua abitazione di Custonaci.

 

 


Rubare le chiavi delle ville da “assaltare” era il “modus operandi” della banda.
Pedinando Daniele Defendi, Andrea Mottola e Pio Cappelli, paventano la possibilità di rubargli le chiavi di casa dall'auto. Mottola dice al suo complice di aver notato che la vittima designata “tiene un mazzo in auto”. “Spettacolo”, esulta Cappelli e chiede a Mottola se nel mazzo c'è anche la “chiave dell'antifurto”. “Modus operandi” che si ripete in un'altra rapina: quella ai danni dei coniugi Salone. Anche in questa circostanza, la banda era in possesso delle chiavi della villa di via Europa, alle pendici di Erice.

Nella notte tra il 29 e il 30 agosto del 2019, Francesco Salone, figlio della coppia nel mirino, subisce un furto. I ladri entrano nella sua auto, parcheggiata in via Federico II, a San Vito Lo Capo, davanti all'abitazione dell'ex consigliere comunale di Trapani. I responsabili dell'incursione prelevarono dall'abitacolo dell'Audi A6 le chiavi della villa. Salone sporge denuncia ai carabinieri della località balneare. Nel corso delle indagini emerge un “traffico telefonico anomalo”, tra Baldassare Grassa e Giovanni Fontana che, a San Vito Lo Capo, gestisce un parcheggio nei pressi della casa di Francesco Salone. Sono 97 i contatti nel periodo precedente e successivo al furto. L'ipotesi degli investigatori è che Giovanni Fontana monitorasse l'auto dell'ex consigliere comunale per conto della banda. E dopo il furto, vengono registrate 13 telefonate tra Giovanni Fontana e Pio Cappelli, anche lui componente del sodalizio smantellato dai carabinieri.

 

 

Le chiavi, rubate dall'auto di Salone, vengono ritrovate nella serratura della villa di via Europa dopo l'assalto messo a segno nel gennaio del 2019.
All'incursione partecipa anche Francesco Cammareri detto Ciccio u Pummaroro.Pochi mesi dopo viene arrestato e successivamente condannato a 14 anni di carcere. Del commando faceva parte anche Ivan Randazzo. Il cognato di quest'ultimo, Alessio Minaudo, aveva al polso un orologio Rolex che faceva parte della refurtiva del “colpo” in villa. Un “colpo” che fruttò ai banditi, tra denaro contante e oggetti preziosi, un milione e mezzo di euro.