Sono tempi duri anche per chi fa questo mestiere. Con le faccine che ridono sotto gli articoli postati sui social… con quella minoranza rumorosa che vede i giornalisti come dei burattini in mano alle multinazionali, servi del potere pagati da Soros e da Big Pharma.
Siamo “sciacalli!” perché specifichiamo che il tizio morto di covid era un convinto no vax. Oppure perché scriviamo che Caio in quel terribile incidente non aveva il casco.
Noi, che non abbiamo gli stipendi di Travaglio e Belpietro, dobbiamo anche sopportare le “lezioni di giornalismo” dei complottisti che sanno bene (loro sì) dove informarsi.
Erano tempi duri già da prima della pandemia, figuriamoci adesso.
E a volte ci chiediamo per chi scriviamo. E immaginiamo quei pollici stanchi che scrollano sugli smartphone, in cerca di qualche “notizia interessante”, lontana da ogni serio approfondimento. Sarà che alla fine ha prevalso l’intrattenimento. O peggio, l’attenzione a quegli argomenti che generano traffico, producono contrapposizioni, alimentano polarizzazioni. Anche chi non aveva mai letto un giornale in vita sua, oggi ha i nostri articoli sul telefonino e ci bacchetta come se fosse il presidente dell’Ordine. E non è detto nemmeno che li legga per intero, perché sempre più spesso basta la foto e un titolo.
Alcuni si decidono a cliccare, per poi pentirsene quasi subito, perché disturbati dai banner pubblicitari. Sì, perché il giornale deve essere non solo gratis, ma anche senza pubblicità. Peste e corna allora per le grandi testate nazionali che producono contenuti a pagamento: “Solo per abbonati? Bastardi, l’informazione deve essere per tutti!”.
E noi, sempre quelli che non hanno gli stipendi di Travaglio e Belpietro, costretti a navigare nel mare in tempesta dei social, dove puoi farti un mazzo così per un’inchiesta che pochi leggeranno perché non produce la solita guerra di “esperti” a generare traffico.
Ma sono tempi duri anche se scrivi un articoletto di cronaca sull’ambiente.
Per esempio, mi è capitato di parlare dell’acqua di fogna nella centralissima spiaggia della borgata in cui vivo (giornalismo residente, come lo chiama il mio buon direttore).
Per tutta risposta, un ex consigliere comunale pretendeva che io denunciassi la cosa alle autorità competenti. Ma se tutte le volte che ho parlato di danni ambientali, avessi scritto anche alla procura della Repubblica, nel corso degli ultimi dieci anni mi sarei dovuto trasferire al Tribunale di Marsala.
Inoltre, per alcuni politici che a Castelvetrano sono stati costretti a fermarsi per più giri, come a monopoli, sarei diventato un “servo del potere” locale. Sì, perché “chissà come mai Morici non è più una spina nel fianco del sindaco e dell’amministrazione, così come lo era in passato nei confronti di altri…”.
Ed è difficile spiegare a questi signori (e ai loro amici), oppure semplicemente ai più distratti impegnati nelle tifoserie politiche, che con la pandemia che ci sferza da due anni, i milioni di danni dei nubifragi, il dissesto finanziario, i pensionamenti dei tecnici in grado di presentare progetti, non è che ci siano grosse inchieste da fare contro “il potere”.
E allora, nonostante i lauti bonifici da Big Pharma per scrivere a favore dei vaccini e gli innumerevoli vantaggi ricevuti da quest’amministrazione “amica”, non arrivo nemmeno a un decimo degli stipendi di Travaglio e Belpietro. E come me, tanti altri colleghi. Questo però non ci impedisce di continuare a fare il nostro lavoro. Almeno fino ad ora.
Egidio Morici