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24/01/2022 06:00:00

La storia del Comune sciolto per mafia dove la mafia non c'era / 1 

Cominciamo oggi su Tp24 un lungo ed interessante viaggio a puntate per raccontare la storia di Pachino. Comune in provincia di Siracusa, Pachino è città famosa per l'omonimo pomodoro di tipo ciliegino. Come la vicina Scicli, però, la città è andata incontro ad una vicenda infamante: lo scioglimento del Comune per mafia, con il commissariamento per 18 mesi. E come avvenuto a Scicli, ma anche a Castelvetrano, in tanti hanno sollevato più di una perplessità su una decisione, presa dal Ministero dell'Interno, dopo una relazione prefettizia, che è sembrata di grande eco mediatica, ma di poca sostanza nei fatti. E così siamo andati a vedere.

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Partiamo dalla fine. Proprio qualche giorno fa, il Tribunale di Siracusa Sezione Penale, con sentenza in primo grado del collegio presieduto dalla dott.ssa Carla Adriana Frau, ha assolto l’ex consigliere comunale di Pachino Salvatore Spataro, politico accusato di avere fatto parte di un’associazione mafiosa per procurare voti per sé e per il candidato sindaco Andrea Ferrara per conseguire ingiusti profitti e vantaggi.

«Un disegno di pupi e pupari», così l’ex sindaco di Pachino Roberto Bruno definiva lo scioglimento del Comune da lui amministrato su istanza del Consiglio dei Ministri proposta dell’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini, nel 2019. Bruno manifestava «enormi dubbi di legittimità sulla procedura di scioglimento ma soprattutto di manovratori che hanno voluto fortemente penalizzare non solo la mia persona ma un’intera città», e osservava che «se altrove la mafia si occupa di gestione degli appalti, a Pachino si occupava di biliardino e di parcheggiare le macchine». 

Il disegno politico di ‘pupi e pupari’, di ‘manovratori’ a cui si riferiva Bruno era tracciato dall’ex senatore Beppe Lumia (PD), icona dell'antimafia, primo firmatario di diverse interrogazioni parlamentari quando era ancora in carica, sostenuto da un pezzo importante della stampa, in cui il ruolo di punta l'ha avuto un giornalista altrettanto famoso: Paolo Borrometi. Chiamato al banco dei testimoni, l’ex senatore Lumia, però, ha dovuto rispondere smarcandosi dalle accuse: il candidato sindaco Ferrara, sostenuto dal consigliere Salvatore Spataro, era lo stesso candidato sindaco a cui il senatore aveva manifestato sostegno alle amministrative di Pachino del 2014.  

Nel 2019 la Sicilia risultava essere la seconda regione d’Italia per i suoi sette comuni sciolti per mafia dal Consiglio dei Ministri, preceduta sola dalla Calabria che ne registrava solamente uno in più. Non sempre, tuttavia, questi scioglimenti in Sicilia hanno registrato dei riscontri oggettivi in sede giudiziaria. È il caso di ricordare gli scioglimenti dei comuni di Scicli, di Siculiana e di Racalmuto, tra l’altro oggetto d’inchiesta della commissione regionale antimafia presieduta dall’on. Claudio Fava. «Il rischio che in talune circostanze, il ricorso allo strumento dello scioglimento per infiltrazione mafiosa abbia travalicato le finalità imposte dalla norma, mutandone senso e significato. Episodi, ed è questa la coincidenza preoccupante, che si sono verificati allorché alcune amministrazioni locali si sono legittimamente opposte a progetti per la realizzazione o che hanno determinato l’estensione di impianti privati dediti allo smaltimento dei rifiuti», riferiva il presidente Fava indicando appunto i casi di Siculiana e di Racalmuto. «Nel caso di Scicli – commentava l’on. Fava – è stato il tribunale ad affermare che il processo non avrebbe nemmeno dovuto farsi». Sciogliere un Comune, per il presidente della Commissione Regionale Antimafia «diventava un atto di fede, che partiva da una presunzione di colpevolezza degli amministratori locali». Oppure, sempre secondo Fava «per comodità o rispondendo a sollecitazioni di altro tipo, un fatto che sarebbe grave sia sul piano morale che politico».

Come, vedremo da domani, nel caso di Pachino. 

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