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17/05/2022 07:17:00

Sicilia, maxi operazione antimafia. 31 misure cautelari, azzerati i nuovi vertici

10,40 - Ci sarebbe Cosa nostra dietro al furto di venti cartoni con 16mila mascherine FFp3 sottratte per rivenderle, in piena emergenza epidemiologica. Nella misura cautelare dell'operazione di oggi (ne parliamo qui), ricordando un episodio emerso già tre anni fa, il giudice stigmatizza la subcultura mafiosa sottolineando che "non ci si puo' esimere dal rimarcare che costituisce plastica dimostrazione di come la scelta di vita degli indagati sia fondata, già in termini culturali e ideali, proprio su un principio di contrapposizione ai fondamenti della libertà democratica e al rispetto delle regole.

"Il mandamento di Ciaculli è ancora in mano alla famiglia Greco e tiene salde le tradizioni di cosa nostra". Il generale Giuseppe De Liso, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, interviene sull'operazione (portata avanti insieme alla polizia di Stato) che ha portato all'arresto di 31 persone considerate legate alla mafia.

Il mandamento di Ciaculli, infatti, è ora capeggiato da Giuseppe Greco, il Senatore, e ne fanno parte la famiglia di Ciaculli-Croce verde Giardini, quella di Brancaccio, di corso dei Mille e la famiglia di Roccella.

Come osserva l'Arma dei carabinieri in un'informative del 2 marzo 2021, l'articolazione mafiosa di Ciaculli ha dimostrato di sapersi evolvere rimanendo però ancorata alle "tradizioni", riuscendo a far convivere interessi illeciti legati alle sensalerie dei terreni agricoli "con spregiudicate operazioni di scommesse on-line", oppure gestendo in maniera capillare la distribuzione delle acque irrigue e contemporaneamente pianificando traffici di droga con la 'ndrangheta calabrese. Tra le attività anche la coltivazione di canapa indiana tra gli agrumeti della borgata.

08,15 - Sono state documentate oltre 50 estorsioni, anche allo «sfincionaro», nell'operazione antimafia che all'alba di oggi ha azzerato i vertici della famiglia mafiosa di Brancaccio, a Palermo.


Tra i destinatari personaggi del calibro di Giovanni Di Lisciandro - ritenuto al vertice della cosca - e poi Stefano Nolano, Angelo Vitrano e Maurizio Di Fede. Quest’ultimo sarebbe il «responsabile operativo» per il settore delle estorsioni e del traffico di droga. Oltre 50 - dicono gli investigatori - le estorsioni documentate ai danni di titolari di esercizi commerciali, dimostrativi che le attività produttive della zona sono sempre oggetto di attenzione dell’articolazione mafiosa e molti esercenti, dal piccolo ambulante abusivo fino all’operatore della grande distribuzione, ma anche nei confronti dello «sfincionaro» che dopo avere ricevuto i tipici segnali (attack nelle saracinesche del laboratorio) chiede la «messa a posto». Tra quelli documentati anche «la pervicacia dimostrata dagli estortori di Brancaccio che non avrebbero esitato ad effettuare il sopralluogo presso un cantiere edile nelle immediate vicinanze del commissariato di polizia., finalizzato alla successiva eventuale richiesta estorsiva». Anche un imprenditore edile si è rivolto alla famiglia di Brancaccio per poter costruire appartamenti senza problemi. Aveva intenzione di acquistare un terreno e ancora prima, come emerge in una conversazione registrata dalla polizia, avrebbe chiesto la protezione alla famiglia mafiosa per non incorrere in furti, rapine o danneggiamenti.

Costretti ad accettare la mediazione della mafia sull'acquisto di immobili
L’organizzazione mafiosa avrebbe imposto le cosiddette sensalerie, vere e proprie mediazioni sulla compravendita di immobili nel territorio. I cittadini per concludere affari immobiliari, si sarebbero visti costretti ad accettate l’intermediazione degli indagati ritenute dagli investigatori delle vere e proprie estorsioni. Molto diffusa nella zona sarebbe stata la coltivazione di cannabis che serviva a rifornire le piazze di spaccio del capoluogo.

 

Le mani della mafia di Ciaculli sull'acqua sottratta alla condotta San Leonardo
La mafia di Ciaculli avrebbe anche messo le mani sull'acqua. Soprattutto quella irrigua da fornire ai contadini. Acqua che sarebbe stata sottratta direttamente alla conduttura «San Leonardo», di proprietà del «Consorzio di Bonifica Palermo 2». Gli uomini della famiglia mafiosa di Ciaculli avrebbero deviato l'acqua delle condutture incanalandola in vasche di loro proprietà, per poi ridistribuirla ai contadini nelle campagne Ciaculli-Croceverde Giardini e Villabate. Per molti produttori la famiglia di Ciaculli era diventata punto di riferimento per la gestione di uno dei beni essenziali nella coltivazione. Dalle indagini è anche emerso che il clan di Ciaculli avrebbe avuto a disposizione un vero e proprio arsenale di armi. Uno degli arrestati, Emanuele Prestifilippo, è stato trovato con un fucile da caccia marca Beretta cal. 12 e otto munizioni celate all’interno di alcune balle di fieno accatastate nel maneggio di sua proprietà nella zona di Croceverde Giardini. I militari hanno accertato, infine, che la famiglia mafiosa poteva contare anche su numerose armi semiautomatiche gestite e nascoste nelle campagne di Ciaculli. Armi che sinora non sono state trovate.

Sequestrate sei attività (prodotti ittici, caffè e scommesse)
La polizia giudiziaria ha eseguito un sequestro preventivo del capitale sociale, di beni aziendali e dei locali di alcune imprese per un presunto valore complessivo di circa 350.000 euro. Secondo le indagini i beni sarebbero stati intestati a prestanomi di mafiosi. Al centro dell’indagine sono finite una rivendita di prodotti ittici, due rivendite di caffè e tre agenzie di scommesse. Caffè del Conte in via Conte Federico; Caffè Ciaculli in via Ciaculli; Ga.Me. commerciale in corso dei Mille e in via Messina Marine

I nomi degli arrestati
In carcere: Vittorio Emanuele Bruno, 43 anni; Ludovico Castelli, 55 anni; Paolino Cavallaro, 28 anni; Girolamo detto "Jimmy" Celesia, 53 anni; Settimo Centineo, 39 anni; Antonino Chiappara, 55 anni; Giuseppe Ciresi, 33 anni; Maurizio Di Fede, 53 anni; Gioacchino Di Maggio, 39 anni; Pietro Paolo Garofalo, 53 anni; Sergio Giacalone, 53 anni; Francesco Greco, 65 anni; Antonino Lauricella, 52 anni; Ignazio Lo Monaco, 46 anni; Antonio Lo Nigro, 42 anni; Salvatore Lotà, 62 anni; Tommaso Militello, 59 anni; Rosario Montalbano, 36 anni; Antonino Mulè, 41 anni; Tommaso Nicolicchia, 38 anni; Francesco Oliveri, 37 anni; Onofredo Claudio Palma, 43 anni; Giuseppe Parisi, 45 anni; Pietro Parisi, 41 anni; Vincenzo Petrocciani, 41 anni; Emanuele Prestifilippo, 51 anni; Cosimo Salerno, 44 anni; Andrea Seidita, 48 anni; Luciano Uzzo, 52 anni.

Ai domiciliari: Michele Mondino, 78 anni; Giuseppe Orilia, 71 anni.

07,15 -  31 arresti sono stati effettuati all'alba di oggi nei confronti di nuovi boss e gregari in Sicilia, in particolare nel quartiere palermitano di Brancaccio. L'operazione ha portato anche alla scoperta di un arsenale di armi nel quartiere Ciaculli, e al sequestro di una quantità ingente di droga. Il blitz congiunto di Carabinieri, polizia e Sco (Servizio Centrale Operativo) ha svelato alcuni episodi, come il furto, in pieno lockdown, nel 2020, di 16mila mascherine, da rivendere nel mercato nero.

Le accuse sono a vario titolo di associazione di tipo mafioso, detenzione e produzione di stupefacenti, detenzione di armi, favoreggiamento personale e estorsione con l'aggravante del metodo mafioso.

Per 29 è scattato il carcere e 2 sono finiti agli arresti domiciliari.

L'inchiesta ha permesso di fare luce sull'organigramma delle famiglie mafiose dei mandamenti di Ciaculli e Brancaccio, che comprende clan come Corso dei Mille e Roccella.

Le misure cautelari sono state eseguite a Palermo, Reggio Calabria, Alessandria e Genova. In particolare le indagini che hanno fatto luce sui nuovi vertici del clan di Brancaccio hanno accertato che, dopo un blitz condotto nel 2019, le famiglie mafiose hanno cercato di riorganizzarsi. Sono cosi stati identificati capi, gregari e "soldati," affiliati a cosa nostra che avrebbero messo a segno decine di estorsioni, commesse a numerosissimi commercianti e imprenditori e avrebbero gestito le piazze di spaccio sparse sul territorio di Brancaccio.
Parte dei soldi messi insieme da queste attività sarebbero stati utilizzati per mantenere le famiglie dei carcerati.
Nell'ordinanza vengono ricostruite e documentate 50 estorsioni ai danni di titolari di esercizi commerciali: dal piccolo ambulante abusivo fino all'operatore della grande distribuzione.
Il pizzo veniva imposto a tutti gli operatori economici.