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19/05/2022 08:37:00

Mafia, Sicilia. confisca da 150 milioni di euro per il re dei supermercati Lucchese

 Dalla ditta di famiglia all'impero milionario: dopo il sequestro arriva la confisca per Carmelo Lucchese. La sezione misure di prevenzione ha emesso, infatti, un decreto nei confronti dell'imprenditore che gestiva tredici supermercati. In pochi anni, grazie al contributo della mafia di Bagheria, avrebbe fatto crescere esponenzialmente il suo fatturato sbaragliando la concorrenza


La confisca da 150 milioni di euro riguarda il ricavato della vendita, fra le altre cose, di tredici supermercati tra Palermo e provincia ceduti ormai ad altre società. Lucchese ha 56 anni ed è incensurato. 

"Oggetto della confisca di primo grado sono tra le altre cose - si legge in una nota - le quote societarie e il compendio aziendale della Gamac group srl, che all’epoca del sequestro gestiva tredici punti vendita tra Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese". Il sequestro era stato eseguito a febbraio dello scorso anno dopo le indagini condotte dai militari del Gico del Nucleo di polizia economico finanzaria su Lucchese.

L’inchiesta, denominata "Schiticchio", avrebbe svelato i segreti dell’ascesa dell’imprenditore che, nel giro di poco tempo, avrebbe tirato su un impero da decine di milioni di euro. Non un miracolo economico, secondo il tribunale, ma una crescita "avvenuta sotto l'egida mafiosa" ad opera di "un imprenditore colluso che, seppur non organicamente inserito nell'organizzazione criminale, ha sempre operato sotto l'ala protettiva di Cosa nostra, che gli ha assicurato cospicui benefici".

Secondo quanto ricostruito Lucchese sarebbe riuscito ad espandersi grazie al contributo della famiglia di Bagheria “traendone vantaggio - si legge ancora - per scoraggiare la concorrenza con i danneggiamenti, acquisire imprese concorrenti, risolvere le problematiche sulla gestione delle sue imprese, dirimere controversie con i soci, ottenendo la possibilità di rilevare le imprese contese e beneficiando di una dilazione nei pagamenti, evitare il pagamento del pizzo nella zona di Bagheria e contrattare la ‘messa a posto’ con altre articolazioni palermitane del sodalizio mafioso”.

In coincidenza temporale con i più significativi interventi di Cosa nostra, l’imprenditore ha registrato una crescita esponenziale del fatturato dell’azienda, trasformata da piccola impresa familiare in un impero economico, arrivando a fatturare oltre 90 milioni di euro nel 2020. L’indagine testimonia anche le nuove e sempre più sofisticate modalità con cui gli imprenditori in affari con la mafia tentano di "proteggere" il proprio patrimonio.

“Nel corso degli accertamenti è infatti emerso che l’impero imprenditoriale era stato devoluto a un trust. Grazie a questo strumento giuridico, le società e immobili sono stati formalmente trasferite a un professionista, il cosiddetto trustee, incaricato di gestirle come se ne fosse proprietari. Tuttavia dalle evidenze raccolte nell’ambito di diversi procedimenti penali è emerso che il trust in questione era un mero espediente fittizio per schermare la titolarità delle proprietà. In altri termini, Lucchese aveva trasferito solo sulla carta tutti i poteri gestori sui beni al trustee, ma nella realtà non ne aveva mai perso il controllo e la disponibilità”.