In occasione del trentennale si addensano “ombre nere” sulla Strage di Capaci, anche se subito smentite dalla Procura di Caltanissetta. A tirare fuori il possibile scoop è stata la trasmissione della Rai, Report, condotta da Sigfrido Ranucci e andata in onda proprio la sera del 23 maggio scorso. Le interviste del giornalista Paolo Mondani della redazione di Report, ipotizzano una “pista nera” attorno alla strage che costò la vita a Giovani Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
Le ipotesi di Report - Mondani con la puntata “La bestia Nera” (che potete vedere qui), intervista Maria Romeo, compagna del collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero, autista del boss Mariano Tullio Troia e il carabiniere in pensione che si occupava dello stesso collaboratore, Walter Giustini. I due testimoni sostanzialmente hanno sostenuto una tesi: il collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero nel 1992 prima della strage di Capaci aveva segnalato ai Carabinieri che Salvatore Biondino era un uomo vicino a Totò Riina. Non solo. Secondo Maria Romeo, Lo Cicero avrebbe parlato anche della presenza di Stefano Delle Chiaie a Capaci poco prima della strage.
Le testimonianze - Le parole a Report dell’ex carabiniere Giustini: «Lo Cicero ci disse che come autista di Troia partecipava ad alcuni incontri e notava che Riina veniva accompagnato da Salvatore Biondino». Quando? «Prima delle stragi», risponde Giustini che, al quesito cruciale, vale a dire se, avendo dato retta a quelle dichiarazioni, si sarebbe potuto evitare l’attentato, risponde: «Non solo. Lo Cicero mi disse che prima della strage aveva notato a Capaci, dove lui abitava, personaggi di spicco che non avrebbero avuto motivo di essere lì se non perché doveva accadere qualcosa di eclatante». A Capaci Lo Cicero riferisce anche di aver visto il capo di Avanguardia Nazionale, Stefano Delle Chiaie. L’ex compagna del pentito, Maria Romeo, in onda conferma: «Alberto (Lo Cicero) pensava che Delle Chiaie era l’aggancio fra mafia e lo Stato. Aveva un ruolo di portavoce di quelli di Roma». Secondo la donna Lo Cicero ne parlò anche con Borsellino di Delle Chiaie: «Mi ha detto che gli ha parlato della nuova organizzazione mafiosa che i contatti Roma-Palermo li teneva Stefano Delle Chiaie e Alberto ha avuto l’impressione che Borsellino avesse tutto il quadro». Stefano Delle Chiaie, dunque secondo quanto ipotizzato dalle testimonianze il fondatore di Avanguardia nazionale e poi cofondatore dell’organizzazione di destra Ordine Nuovo, scomparso nel 2019, sarebbe stato presente insieme ad alcuni boss nei pressi dello svincolo di Capaci per un sopralluogo qualche mese prima della strage.
Chi è Stefano Delle Chiaie - Estremista di estrema destra, accusato di aver ricoperto un ruolo in numerosi episodi chiave degli Anni di Piombo. Delle Chiaie è nato a Caserta nel 1936; inizia la militanza da giovanissimo, a 14 anni, aderendo al Movimento Sociale Italiano nella sezione Appio-Tuscolano di Roma. Ne uscì pochi anni dopo quando insieme a Pino Rauti, altro nome di spicco dell’estrema destra italiana, fondò il Centro Studi Ordine Nuovo. Tuttavia, nel 1962, si stacca anche da Rauti e fonda Avanguardia Nazionale. Nel 1968 guida l’assalto contro la Polizia a Valle Giulia, rimasto famoso, riuscendo poi a occupare la Facoltà di Giurisprudenza. Stefano Delle Chiaie negli anni è stato accusato di essere coinvolto, a vario titolo, nelle più sanguinose stragi degli Anni di Piombo: innanzitutto, quella di Piazza Fontana e quella di Bologna, d’altra parte, è stato indagato anche per la strage del treno Italicus. Nel 1969, chiamato a testimoniare nel processo sulla tragica esplosione di Milano, scappa in Spagna e comincia una lunga latitanza che lo porterà a girare per buona parte del Sudamerica. Spiccato un mandato cattura nei suoi confronti nel 1982 per associazione sovversiva, banda armata e concorso in strage: il 27 marzo del 1987 la Polizia italiana lo arresta a Caracas. Nonostante i molti punti oscuri lasciati dai processi, appurati i suoi rapporti con la P2 e la massoneria, non è mai stato condannato. Per la bomba alla stazione di Bologna è stato assolto per “insufficienza di prove”, per quella alla Banca Nazionale dell’Agricoltura prosciolto da tutte le accuse “per non aver commesso il fatto”, anche per gli altri attentati è stato sempre scagionato.
La Procura smentisce - La Procura di Caltanissetta ieri ha emesso un comunicato per smentire l’ipotesi accreditata da queste due interviste e cioè che le stragi del 1992 potevano essere evitate se si fossero seguite meglio le indicazioni del pentito Lo Cicero su Salvatore Biondino. Secondo il procuratore Salvatore De Luca “tali dichiara zioni sono totalmente smentite dagli atti acquisiti da questa Procura sia presso gli archivi dei carabinieri, sia nell’ambito del relativo procedimento penale della Procura di Palermo”. «Il riscontro negativo», aggiunge il procuratore di Caltanissetta, emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali di Lo Cicero, prima della sua collaborazione, «nonché da tutti i verbali di sommarie informazioni e di interrogatorio» resi da lui prima della strage di Capaci. In particolare - ricostruisce De Luca - il 25 agosto 1992, «Lo Cicero dichiara di aver riscontrato delle anomalie nel comportamento di alcuni uomini d’onore poco prima della strage di Capaci, pensando però che volessero organizzare qualcosa per ucciderlo (il Lo Cicero era già stato vittima di un tentato omicidio nel dicembre del 1992), concludendo “mai avrei pensato quello che poi è avvenuto”», cioè la strage.
La perquisizione a Report - La Procura di Caltanissetta ha disposto una perquisizione nei confronti di Paolo Mondani di Report, autore del servizio andato in onda in occasione del trentennale della strage di Capaci. La Dia è stata a casa di Mondani e alla Rai in via Teulada dove ha sede Report. Gli uomini della Dia erano autorizzati dalla Procura di Caltanissetta, se non avessero trovato le carte che cercavano, a fare “copia forense del contenuto dei computer in uso al sequestro di apparecchi cellulari e/o tablet” nonostante Mondani, come si specifica nel decreto, non è indagato. La Procura però ha intercettato le sue conversazioni telefoniche con le sue fonti precedenti alla puntata del 23 maggio. La Procura ha fatto pedinare il 4 maggio Mondani mentre si vedeva con il carabiniere in pensione Walter Giustini e la Dia doveva acquisire le carte che il giornalista e il carabiniere consultavano insieme e che sembravano essere nella disponibilità di Mondani. La perquisizione, dopo un fiume di dichiarazioni preoccupate di politici di ogni colore, del sindacato Usigrai, dell’Ordine di giornalisti della Fnsi, è stata poi revocata in serata dalla procura. La scelta di mettere le mani sui server e i cellulari del giornalista di punta della più importante (meglio l’unica) trasmissione di giornalismo investigativo del servizio pubblico radiotelevisivo, Report di Rai3, non era molto felice. La Procura è uscita dal caso che si stava creando disponendo la revoca del provvedimento perché i documenti cercati sono stati trovati presso un altro soggetto, anche lui non indagato.