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28/07/2022 06:00:00

La verità di Piera Aiello su Rita Atria e quell'orologio "misterioso"

 Abbiamo incontrato Piera Aiello, cognata di Rita Atria, componente della Commissione antimafia nazionale ed ex onorevole 5 Stelle, oggi indipendente, che nei giorni scorsi aveva risposto picche all’invito di partecipare alla presentazione del libro Io sono Rita, con una lunga nota pubblicata anche sulla sua propria pagina Facebook. Le abbiamo rivolto qualche domanda.

 

In questo trentennale della morte di Rita Atria, si sta facendo strada l’ipotesi che potrebbe non essersi trattato di suicidio. Attraverso il libro inchiesta Io sono Rita, delle giornaliste Giovanna Cucè e Graziella Proto e di Nadia Furnari, co-fondatrice dell’Associazione Antimafie Rita Atria, è stata chiesta la riapertura delle indagini. Abbiamo assistito a diversi approfondimenti in tv e sui giornali. Qual è la sua posizione su questa eventualità?

 

Ho letto il libro e ho seguito le trasmissioni in tv. Personalmente quest’ipotesi mi lascia abbastanza perplessa, ma ben venga la riapertura delle indagini, in modo che a giudicare possa essere chi di competenza. Le dico subito che ho la maggior parte delle risposte ai quesiti posti dal libro e ho già chiesto alla procura di Roma di essere sentita come persona informata sui fatti.

 

Però nel libro vengono descritte diverse circostanze che suggeriscono dei dubbi. Per esempio, l’assenza di tracce biologiche (capelli, ecc.) e la presenza di una sola impronta nell’appartamento al settimo piano da dove Rita è volata giù dalla finestra. Come mai non ce n’erano altre e l’unica trovata non è mai stata comparata? E poi quella tapparella a metà…

 

Il perché è semplice: Rita non abitava lì, non ha dormito nemmeno una notte in quella casa. Io sono stata insieme a lei fino al giorno prima del suo suicidio.

La mattina del 25 luglio, quando sono partita, le ho lasciato le mie chiavi e lei è rimasta a casa mia. Fino a quel momento, non aveva mai dormito nella casa di viale Amelia.

Sulla tapparella a metà occorre dire che quella finestra era molto grande, Rita era alta circa un metro e cinquanta. Non sarebbe stato necessario aprirla per intero.

 

Tv e giornali hanno anche fatto vedere la foto di un orologio da uomo poggiata sul frigo dell’appartamento al settimo piano.

 

So di chi è quell’orologio. Ma lo dirò soltanto in procura. È anche per questo che ho chiesto di essere sentita. Una cosa è certa: si tratta di una persona che non c’entra assolutamente nulla con la morte di Rita e che appena ha visto il suo orologio in tv, è saltato sulla sedia e mi ha chiamato.

 

Dalla sua risposta alla casa editrice del libro e dai commenti di Nadia Furnari a Tp24 (ne abbiamo parlato qui), sembra evidente che tra di voi non ci sia un buon rapporto. Così come sembra esserci un pessimo rapporto con sua cognata Anna Maria, sorella di Rita, sullo sfondo anche dei diritti d’autore relativi al libro. Ci può spiegare meglio il perché?

 

Chiariamo subito una cosa: né io né mia figlia siamo interessate ai proventi del libro. Non è affatto una questione economica. Mia figlia Vita oggi ha 34 anni. Io parlo al posto suo soltanto perché lei non può esporsi, ma condividiamo assolutamente la stessa linea. Il punto è che mia figlia è coerede al 50% del diario e di tutto ciò che riguarda Rita, proprio come Anna Maria Atria. Oggi c’è un libro, essenzialmente basato sul diario di Rita, del quale non abbiamo mai avuto una copia prima che andasse in stampa. Ma attenzione, mia figlia non ha mai detto che non avrebbe voluto pubblicare il diario, il punto è che non le è stato proprio chiesto. E’ stata esclusa.

E dire che tre mesi fa, ero stata contattata dalla giornalista Giovanna Cucè (che non conoscevo) per un’intervista, dicendomi che stava scrivendo un libro insieme a Nadia Furnari e a Graziella Proto. La Furnari, visto che in passato appartenevo anch’io all’associazione Rita Atria, il mio numero ce l’ha e tutte le volte che mi aveva chiamata io avevo sempre risposto, nonostante alcuni dissapori. Ad  ogni modo, come condizione per la pubblicazione dell’intervista,  chiesi alla Cucè di farmi sapere a chi fossero destinati i proventi del libro. Non ho mai ricevuto risposta.

E ovviamente l’intervista non è presente né nel libro, né altrove.

Inoltre, che mia figlia sia la coerede di Rita Atria, Nadia Furnari lo sa benissimo. Nel 2009, andammo a ritirare il diario (avevo la procura per mia figlia) proprio su insistenza della Furnari, che diceva “Prendiamo il diario, perché se lo dovessero prendere la madre o la sorella, lo distruggerebbero”.

Io poi non ci trovai niente di male a prestarglielo, lasciando che ne scannerizzasse le pagine, seppur con la raccomandazione di chiedere a mia figlia per qualsiasi utilizzo.  Negli anni però ne ha inserito diversi stralci sul sito dell’associazione, fino ad arrivare a fare un libro, senza chiederle alcuna autorizzazione.

 

Nadia Furnari però ha sottolineato come non abbia senso quest’avversione nei confronti della madre e della sorella, quest'ultima persona per bene. Non è che ci si stia fissando troppo sul fatto che trent’anni fa abbiano rotto la tomba di Rita a martellate, magari sopraffatte dalla paura?

 

Non direi. Anna Maria Atria l’abbiamo vista in tv, dopo trent’anni, dire che per una bustina di cocaina la madre (Giovanna Cannova) avrebbe allontanato le figlie dal fratello Nicola. Non si capisce però perché non le abbia allontanato anche dal padre, che invece uccideva le persone.

Ma nemmeno col tempo le cose sono cambiate. Quando la Cannova Morì, nel 2012, Anna Maria aveva cercato mia figlia per proporle di rinunciare all’eredità della casa di Partanna, a suo dire cadente ma a cui era affezionata. Quando mia figlia le rispose di no, lei urlò di essere orgogliosa di avere avuto un padre ed un fratello mafiosi. Mia figlia le rispose soltanto di essere orgogliosa di essere nipote di Rita Atria. Una telefonata registrata, avvenuta in presenza di testimoni. Perché ha gridato quelle cose? Per paura? Dopo vent’anni?

 

Beh, però da allora sono passati altri dieci anni…

 

Se Anna Maria si fosse davvero ravveduta, oggi potrebbe fare ancora qualcosa di concreto nei confronti di sua sorella Rita, che aveva manifestato la volontà di essere sepolta nella tomba degli Atria. Cosa che inizialmente era avvenuta, fino a quando la madre non ha rotto la lapide, prendendola e portandosela nella tomba dei Cannova.

Comunque, sulla madre e sulla sorella Rita aveva scritto molte cose negative. Si trova tutto nel suo diario. Parti che evidentemente non sono state utilizzate in questo libro. Ricordo però che la madre aveva detto a Rita (è nei verbali dei carabinieri): “Se non ritiri le denunce ti faccio fare la fine di tuo padre e di tuo fratello”. Ecco perché le fu tolta la podestà genitoriale.

Ovviamente dalla morte della Cannova ad oggi, mia cognata Anna Maria ha goduto dei proventi dei terreni e della casa che, lungi dall’essere fatiscente, dava in affitto. Ma noi non abbiamo mai preteso nulla, mai avanzato alcuna richiesta. Chiediamo però che sia rispettato un diritto.

 

Il libro di Cucè, Furnari e Proto parla anche di possibile istigazione al suicidio. Che ne pensa?

 

In quel caso, ad istigarla non possono che essere state la madre e la sorella Anna Maria. La prima con le sue minacce. La seconda perché quando Rita avrebbe voluto andare da lei, l’ha respinta. Però ben venga la riapertura delle indagini, il cui esito sono sicura sarà l’occasione adatta perché l’associazione chieda scusa a tante persone.

 

Egidio Morici