Alex mette in spalla uno zaino e prova ad uscire. Ma il cancello della veranda di casa sua, a Triscina, è chiuso a chiave. “Per adesso, non si può – gli ripetono i suoi genitori – usciremo dopo”.
La scena si ripete ogni giorno, da più di tre mesi. Prima era possibile, grazie al “Progetto di Vita”. Ma non è stato rinnovato in tempo e Alex, ragazzo autistico di 18 anni, è praticamente finito ai domiciliari.
Quando nel 2019 abbiamo scritto di lui, di anni ne aveva14 (trovate qui l’articolo). Oggi, quella dei suoi genitori continua ad essere una battaglia infinita per ogni cosa. L’anno scorso, dopo 10 anni di lotte ed una sentenza, erano riusciti a fargli finalmente ottenere questo progetto personalizzato, in base ad una legge in vigore da più di vent’anni, che individua servizi, supporti e sostegni per migliorare la qualità della sua vita, permettendo la relazione sociale.
Progetto che però ad aprile scorso è scaduto. Bisognava fare la richiesta per rinnovarlo e loro l’hanno saputo troppo tardi. Dal comune di Castelvetrano hanno risposto che dal momento che Alex ha raggiunto la maggiore età, ci vorrà un nuovo piano progettuale, da concordare insieme all’Asp di Trapani.
Dopo tre mesi però il rinnovo non è ancora arrivato.
Vuol dire che dopo un anno, di colpo, non c’è stato più nessun operatore disponibile per farlo uscire insieme ai genitori. Sì, perché Alex ha bisogno di essere contenuto quando è fuori casa; a volte è imprevedibile e potrebbe mettersi in pericolo. I genitori non bastano, soprattutto in quest’ultimo periodo, avendo sviluppato anche maggiore forza fisica, come tutti gli adolescenti.
Da più di tre mesi Alex è come se fosse in prigione, con il telo opaco lungo la ringhiera a separarlo dai passanti, a stabilire il confine tra lo spazio interno e quello esterno. Da un lato vuole rimanere a casa, dall’altro vorrebbe uscire. C’è perfino una recinzione aggiuntiva sul muro che separa la veranda da quella dei vicini: era capitato che scavalcasse, con tutte le conseguenze che si possono immaginare.
Ma impedendogli di uscire, il comportamento stereotipato peggiora, l’adrenalina sale e le reazioni diventano incontrollabili e pericolose anche dentro casa. Pericolose per se e per i suoi genitori, costretti a somministrargli dei farmaci per tenerlo calmo.
“Quando si spezza la continuità, si vanifica tutto – ci racconta la mamma Concetta - Poi bisogna ricominciare tutto dall’inizio. L’estate è quasi finita e Alex l’ha trascorsa tutta dietro le sbarre. E la cosa peggiore è che, di concerto con i medici, abbiamo dovuto dargli dei farmaci per contenerlo. Da mamma, per me è una ferita al cuore. Farmaci che gli impediscono di progredire, di migliorare. Insomma, l’esatto contrario di ciò di cui avrebbe bisogno. Finora sono tre mesi di reclusione, senza aver commesso alcun reato. Una prigionia comprende anche noi genitori che, almeno per le necessità, ci alterniamo per fare la spesa o per andare e venire dagli uffici del comune. Quando mio marito è fuori, ci teniamo in contatto con una lunga videochiamata, in modo che Alex lo veda e possa parlare con lui. Se no va a finire che volano le sedie”.
“Io ho finito i soldi per pagare privatamente qualcuno in grado di contenerlo durante le uscite – ci spiega il papà, Maurizio Noto - Adesso ha 18 anni, è molto sviluppato e, nel caso dovessi intervenire, da solo non ce la farei. Abbiamo fatto 10 anni di battaglie. Avvocati, giudici e sentenze, per ottenere il Progetto di Vita che, come dice il termine, riguarda l’intero arco dell’esistenza. Invece gli sono già stati rubati tre mesi. Sembrerà poco, ma per le sue condizioni è tantissimo. Lo scorso 12 luglio sono venuti in sette, tra medici dell’Asp ed assistenti sociali del comune, per la visita finalizzata al rinnovo del progetto. Ma ancora non abbiamo visto nulla. Sembra un incubo”.
“Quel progetto era tutto – continua Concetta – più Alex è impegnato in nuove attività, più diminuiscono le fissazioni e le stereotipie. Gli spettava di diritto, ma l’abbiamo dovuto ottenere con una sentenza, dopo 10 anni di battaglie. E per il rinnovo? Dovranno passare altri dieci anni?”.
“La terapia non è fatta di farmaci – aggiunge Maurizio - la terapia è la vita stessa. Come si fa, per un mancato rinnovo, a metterla in pausa?”.
Alla fine della nostra chiacchierata, Alex ci sorride e noi andiamo via.
Dopo qualche giorno ci arriva una buona notizia. No, non è l’avvenuto rinnovo, ma un messaggio di Maurizio. E’ felice, ci scrive che la vita ha deciso di fargli un regalo: Alex l’ha abbracciato. Non lo fa quasi mai, a causa dell’autismo. Ma stavolta è successo. “Un semplice abbraccio, avrei voluto che non finisse mai”.
Egidio Morici