Giovanni Bavetta, lei è candidato all’uninominale al Senato per Italia Viva-Azione e contestualmente alle regionali per la stessa formazione. Cosa l’ha spinta a mettersi in gioco?
Da circa due anni sto seguendo la Sanità, come consulente, nella relativa commissione al parlamento. Una esperienza importante che ha visto l’arrivo anche della pandemia e che per questo impone non solo una mera riflessione ma decisamente una azione di riforma e di rinvigorimento forte.
Lei è stato commissario dell’ASP 9 di Trapani, si potrebbe dire che da allora le cose sono peggiorate e talvolta la pandemia è un alibi per coprire inefficienze ed incompetenze?
Non mi piace giudicare il lavoro altrui, io parlo di me. Rivendico con orgoglio quegli anni che sono stati di intenso lavoro e che hanno aperto ad una Sanità fatta di collaborazioni e di eccellenze sui vari punti del territorio. Posso certamente dire che oggi abbiamo una grande opportunità come territorio, che è quello di essere rappresentati a livello nazionale, al Senato, con la mia candidatura che è l’espressione non singola ma di un gruppo di persone che fa squadra, ci crede e sta portando avanti un bel progetto.
Rimettiamo in sesto la Sanità, come?
Sicuramente non con spot elettorali ma con tutto quello che si può fare e a cui si deve mettere mani con immediatezza. La classe dei dirigenti medici in Italia è quasi tutta over 50, è chiaro che abbiamo bisogno di rimpinguare quel capitale umano ma dando risorse agli ospedali e concentrandoci sul fatto che i medici hanno bisogno di strumentistica adeguata e all’avanguardia per operare e per continuare a fare carriera all’interno degli ospedali pubblici.
Sono decenni che si sente parlare di blocco dei Pronto Soccorso, di digitalizzazione, di riforma della medicina del territorio e se ne torna a parlare in campagna elettorale, poi tutto resta come prima. La delusione dei cittadini è massima, specie in questo territorio.
Le dirò una cosa, io non credo che un utente sia felice di avere un ospedale a 10 minuti da casa se poi lo stesso ospedale non è nelle condizioni prontamente ed efficacemente di agire. Abbiamo bisogno di punti nevralgici che rispondano a delle specificità e che sappiano curare ed agire qui, mettendo un freno a quella che è la migrazione di chi va al Nord. La Sicilia è fucina di medici che hanno una grande professionalità.
Dottore Bavetta, gli indici su cui agire sarebbero tanti e qui non possiamo affrontarli tutti. C’è un aspetto di cui non si parla mai, è quello della umanizzazione degli ospedali. Se la sente di prendere un impegno?
Non c’è bisogno, perché è uno degli elementi fondanti di una Sanità che è vicina al paziente, non solo per le cure del caso ma con la sensibilità di capire che chi è ricoverato, in qualunque ospedale, ha bisogno di una voce e mano amica, di essere in ambienti confortevoli e, perchè no, anche belli da un punto di vista degli allestimenti. Non si tratta di un capriccio ma sono tutte condizioni che aiutano il paziente a vivere meglio la sua degenza e ad essere reattivo, oltre ad un atteggiamento positivo che, ricordiamo, condiziona la nostra mente.
E poi sulla medicina del territorio è chiaro che deve essere il vero raccordo tra nosocomio e medico di base, che non può essere solo colui che compila formulari per analisi e medicine ma deve essere messo nelle condizioni di lavorare bene, prendendo in carico il paziente e seguendolo per tutto l’iter. Sono piccole cose che, però, se rimandate producono ancora di più un danno alla Sanità, che di certo oggi non gode di buona salute.