U Siccu, Diabolik, Alessio, “la testa dell’acqua”, “Iddu”… Sono diversi i soprannomi del boss Matteo Messina Denaro che, nel 2023 potrebbe arrivare a 30 anni di latitanza.
Ma oggi se ne aggiunge un altro: “Ignazieddu”. Ed emerge dall’operazione antimafia Hesperia di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi, che ha portato all’arresto di 35 persone, tra Marsala, Mazara e Campobello.
Ignazieddu è il soprannome più recente, venuto fuori da un’intercettazione del 4 giugno del 2021 che riguarda due degli arrestati in quest’ultimo blitz: Marco Buffa e Piero Di Natale.
Quest’ultimo, uomo di fiducia di Francesco Luppino (principale indagato), aveva ammonito il Buffa, accusandolo di aver messo in giro la voce che Messina Denaro fosse morto.
Il Buffa si era difeso dicendo che quella era soltanto una sua convinzione personale, per altro esternata allo stesso Di Natale, “… Io a te l’ho detto… ti ho detto: ‘secondo me è così…’ finisce a coltellate… non diciamo minchiate…”.
Ma Di Natale, che tra l’altro è anche l’autore di un altro soprannome usato per lo stesso Luppino (“Gianvito”), incalza: “L’hai detto tu personalmente e l’hai detto pure a Gianvito… per te è morto”.
“Chiedi scusa - continua Di Natale – non facciamo che ci dovesse essere qualche colpo di ‘samba’”.
Il confronto si accende, condito da urla ed elementi di scontro del tipo “non mi rompete la m…”, “invece ti rompiamo il c…).
E alla fine, a sostegno del fatto che invece il latitante fosse vivo, Di Natale gli rivela alcuni contenuti dei pizzini ricevuti dal Luppino in cui Messina Denaro, oltre a mandare i saluti per un certo “Sandrone” (che per gli inquirenti è rimasto sconosciuto), aveva dato disposizioni per l’organigramma mafioso della provincia, e soprattutto aveva rassicurato i propri sodali che lui era “qua come prima, anzi più di prima”. Sottolineando infine che il Luppino “è il suo pensiero”.
“Io personalmente stavo svenendo per la serie di nomi che ci sono stati – aggiunge – impressionante… E la stima che c’è e la fede che fanno sopra di questo io non me l’aspettavo… sino a oggi…”.
Dopo queste preziose informazioni, il Buffa sembra convincersi: “Sì… minchia,,, sono d’accordo a 360 gradi…”.
Sembra dunque, stando alle intercettazioni, che il problema non sia stato tanto quello di mettere in dubbio l’esistenza in vita di Matteo Messina Denaro, dubbio che il Buffa aveva già esternato in passato con il suo interlocutore, ma di averne messo in giro la voce. Al punto che “questa cosa è arrivata da Marsala”.
Un problema? Si e no. Infatti lo stesso Di Natale aggiunge:
“Gli ho detto ‘scusami Gianvi (Luppino) ma che può succedere…’ gli ho detto… ‘anzi non è meglio… mi hai detto tu che è meglio’… dice ‘sì… per certi versi, dice, è meglio… però mi dispiace sempre che la notizia deve venire, dice, da Marco… da qua…”.
Questa intercettazione non può che riproporre l’ipotesi che il latitante non sia più in vita. E che un gruppo mafioso più ristretto ne gestisca il brand per il mantenimento di uno status quo funzionale a diversi equilibri. Ma in questo caso, sorgerebbero mille domande che rischierebbero di rimanere senza risposta. Se fosse davvero morto, dove sarebbe il suo corpo? La sua famiglia (il fratello e le sorelle) parteciperebbe mai a questo gioco? E a Castelvetrano, dove i negozianti non pagano il pizzo proprio per volere del boss, in che modo si riuscirebbe a rinnovare questa garanzia senza il rischio di “interventi esterni”?
Egidio Morici