Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
25/09/2022 09:24:00

Per i frutti della cultura ci vuole tempo ... 

 In settimana, in uno dei miei vani tentativi di porre ordine al tavolo di lavoro, mi crolla rovinosamente una pila di libri e non potendo evitare di non raccoglierli da terra, smetto ogni cosa e via l’operazione di recupero.

Una volta ero un lettore onnivoro, oggi un po’ meno e credo molto al book crossing, se un libro non mi convince dalle prime pagine questo resta sulla panchina di un parco o altrove; e così mi ritrovo a rileggere sul pavimento titoli autori appunti presi all’interno e mi fermo su un cognome che mi riporta ai miei studi universitari Zagrebelsky Gustavo_Fondata sulla Costituzione, Einaudi edizione e l’incipit sulla copertina lo riporto

L’arte e la scienza “sono” libere, dice la Costituzione. E “devono esserlo”. La cultura asservita a interessi politici ed economici tradisce il suo compito. Gli uomini di cultura devono guardarsi dalla più sottile delle insidie: mettersi al servizio in modo non volontario e quasi inavvertito.

Poco più di cento pagine che leggo con avidità e piacere, e non posso non traslare questi pensieri alti verso la mia comunità e proporre qualche riflessione su RI-FONDATA sulla cultura, modificando appena il titolo del saggio del professore. Oggi è giornata importante e si andrà al voto in un clima decisamente incerto per vari fattori (economia, politica internazionale, poca visione sul futuro) e notavo come in queste settimane di dibattiti tra l’una e l’altra parte politica poco pochissimo si sia parlato di cultura e dove non entrerò nel merito.

Mi viene in soccorso un affresco di Raffaello Sanzio “La Scuola di Atene” - posto nelle stanze vaticane, e dentro questo dipinto c’è tutto: filosofia, matematica, architettura, senso del bello, il fine ultimo della cultura ovvero tramite una azione di studio e/o espressione, elevare il vivere di donne uomini bambini. Fuori dai metalinguaggi di quest’opera monumentale, e tornando alle nostre umane cose, rifondare una Comunità sul senso di appartenenza per tramite della cultura - nel modo più ampio del termine - credo sia un punto d’obbligo di noi cittadini (come Dare/Avere) e della politica come fare positivo. Mi rendo conto di attraversare uno scenario dai confini illimitati e allora per evitare teoria sul nulla, proviamo a perimetrare questo spazio enorme su alcune aree che magari sono da noi già praticate, il Teatro, la Musica, i Libri (c’è molto altro, ma è un esercizio di stile per capirci adesso) .

Mi aiuta il Professore che ricorda all’articolo 1 della nostra Costituzione che “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro…” e lavorando nell’ambito della cultura noi ne onoriamo il senso ( la cultura è lavoro, spesso duro lavoro, non evasione o diletto).

La sensibilità verso la cosa cultura, negli ultimi anni si è accresciuta e di molto e dal governo centrale ci sono sempre più aperture verso questa materia con risorse ad hoc da sviluppare su questa o quell’area tematica, e negli anni le comunità locali - che sono le dirette interessate - si sono attrezzate chi più chi meno a recepire quanto prevede il legislatore; spesso di concerto con soggetti del terzo settore - che nel mentre si specializzava a elaborare modelli di sviluppo (e aggiungo di sopravvivenza) in modo autonomo. Mi colpisce come siamo il paese del Rinascimento (e non solo) e quasi oppressi dal peso della nostra storia (immensa), al punto di non riuscire dare una scossa a quanto di più facile ci potrebbe essere ovvero vivere di quanto abbiamo, vivere di cultura e economia correlata, ma che può arrivare se tutto diventa sistema. Avremmo un sistema cultura a Marsala pressoché completo e mancano di fatto i legami tra le varie anime si da renderle o autonome o farle vivere con gestione oculata: teatri, parco archeologico, spazi e contenitori espositivi, musei, chiese sconsacrate all’aperto e al chiuso che sono de facto spazi poliedrici, biblioteche che si avviano a diventare luoghi di comunità veri e allo stesso tempo custodi della memoria civica: che si aspetta? Perché non sia avvia un ragionamento di costruzione su un modello di sviluppo sostenibile? Rispettiamo appieno uno dei punti dell’Agenda 2030, e non solo: andremmo a generare crescita solidale con chi oggi è rimasto indietro per vari fattori e noi come società civile dobbiamo avere come stella polare questo riferimento per una strada che richiede anni per conseguire obiettivi.

Cultura come fare sociale - lo stare insieme e il formare una società -. La radice di cultura e coltura è la medesima: colere: siamo una città che vive in gran parte di primario e sue trasformazioni, e coltivare un qualcosa è una delle basi della nostra economia. Ecco, forse oggi serve altro o quanto meno serve dare un impulso diverso per tramite di una esigenza prepotente che arriva dalla base - spesso inascoltata -, e quindi il Teatro (pensate ci sono città attorno a noi che non ne hanno neppure uno), ripensare modi diversi di proporre musica dentro contenitori e programmazione ad hoc; il mondo libri da tempo lavora ad un coordinamento su azioni coincidenti e in risposta ad una progettualità che a fatica inizia a muoversi ma che risale ad anni di lavoro duro.

Il 21 maggio del 2005 David Foster Wallace ha tenuto un discorso ai laureandi del Kenyon College, in Ohio. Ha cominciato con una storiella: due pesci giovani che stanno parlando e un pesce vecchio che passa e li saluta dicendo «Bongiorno, com’è oggi l’acqua?» e loro si guardano e si chiedono «L’acqua? Cos’è l’acqua?».

Un altro grande scrittore del ’900, Viktor Šklovskij, dice che il procedimento che genera l’arte e la poesia è lo straniamento, che consiste nella capacità di vedere il mondo che ci circonda, banale, quotidiano, come se lo vedessimo per la prima volta: Šklovskij sostiene che, grazie a questa capacità degli artisti di vedere le cose come se fosse per la prima volta, nelle opere d’arte «la pietra è pietra»; dice cioè che il lettore, di fronte a uno scritto ispirato di Lev Tolstoj, per esempio, non può fare a meno di dirsi: «Questa è acqua, questa è acqua, questa è acqua».

 E’ un invito al Signor Sindaco, all’Assessore alla Cultura, al Direttore del Parco Archeologico, è un invito a chi fa della politica azione meritoria e etica, a chi vuole raccogliere il senso di queste righe: quel colere, richiede un tempo per avere frutti, per avere una percezione di risultato, e oggi di quel tanto che abbiamo in Città un fattore ci rema contro: il tempo.

giuseppe prode