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13/11/2022 06:00:00

  Calcio, film e serie Tv illegali. La banda del “pezzotto” con ramificazioni anche nel Trapanese

Con 10 euro al mese avevi Mediaset, Dazn, Netflix, Sky e altri canali in streaming. Un’offerta che ingolosiva gli amanti del “pezzotto”. Tant’è che si erano abbonati in 900 mila, riuscendo ad avere con pochi euro al mese programmi a pagamento, le migliori serie Tv, le partite di calcio. Un danno da 30 milioni di euro al mese al mercato ufficiale, mentre la banda riusciva ad incassare illegalmente, ogni mese, fino a 10 milioni di euro.

Una maxi operazione di polizia e Procura distrettuale di Catania, denominata “Gotha”, che ha fatto luce sul 70% di streaming illegale nazionale, pari a oltre 900.000 utenti con profitti mensili per milioni di euro.

Quella degli investigatori catanesi è la più grande operazione contro la pirateria audiovisiva condotta finora in Italia. Sono 70 le persone indagate, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere a carattere transnazionale, truffa, pirateria audiovisiva, trasferimento fraudolento di beni, sostituzione di persona, falsificazione di documenti e ricettazione. L’inchiesta è stata condotta dagli uomini della polizia postale e delle comunicazioni. Perquisizioni e sequestri sono stati effettuati in diverse parti d’Italia.


Tra gli indagati c’è anche un marsalese, A.P. di 35 anni. E’ sospettato di essere il referente per la provincia di Trapani dell’organizzazione criminale (è accusato di associazione per delinquere finalizzata all'hackeraggio di sistemi e truffa). Ad assisterlo è l’avvocato Vito Daniele Cimiotta.
A Catania, Palermo, Trapani, Napoli, Salerno, Roma ma anche all’estero ed in particolare Inghilterra, Germania e Tunisia. Ed è all’estero che, hanno accertato gli investigatori, sono stati installati i server attraverso i quali poi venivano illecitamente smistati i segnali delle trasmissioni delle pay tv come Sky, Netflix, Dazn, Amazon Prime e Mediaset.


Alcuni indagati sono ufficialmente nullatenenti e, per non guastare, percettori del reddito di cittadinanza. I soldi intascati illegalmente venivano reinvestiti in operazioni finanziarie, acquisti di immobili e beni di lusso.

Al telefono c’era chi descriveva così l’organizzazione. “C’è un boss, cinque capi decine”. Loro, geni del taroccare i segnali, sapevano che non potevano esporsi troppo. Ma qualcuno si faceva prendere dall’entusiasmo dei soldi facili e si dava alla pazza gioia. Così c’era chi gli contestava i “50 mila euro per l’auto nuova” e i 300 euro per le scarpe”.

Sebbene si trattasse di un’organizzazione ben strutturata non emergono contatti con la malavita organizzata. Gli indagati non sono soltanto le menti dell’organizzazione ma anche le braccia operative. Gli uomini sul campo che si occupavano di contattare i potenziali clienti e di proporre loro l’abbonamento pirata.

Il direttore della Polizia, Ivano Gabrielli, evidenzia il rischio di sottovalutazione da parte dei “clienti” che “contribuiscono fattivamente a finanziare un mercato criminale con ricavi enormi”.
I canali utilizzati erano quelli social e di messaggistica istantanea. Venivano create delle chat e poi si concordavano appuntamento o metodi di pagamento. Per gli inquirenti, comunque, quanto emerso è soltanto la “punta dell’iceberg”. Le indagini, infatti, continuano.