Dopo le battaglie di alcuni anni fa con i “NO alle trivelle”, il referendum e il decreto stop, si torna a parlare di nuove possibili trivellazioni nei mari italiani. E c’è il rischio concreto di vedere impianti per l’estrazione di idrocarburi al largo delle isole Egadi. Il neo governo Meloni con uno dei suoi primi provvedimenti, ha, in pratica, sbloccato tutti i permessi per la ricerca e l’estrazione di gas e petrolio, contrariamente al volere della stessa premier che nel 2015, al referendum, si schierò a favore dello stop alle trivelle.
Meloni, dal No al referendum al provvedimento sblocca trivelle - Il documento approvato dal governo nasce dall’esigenza di garantire una fornitura maggiore di gas a prezzi calmierati, e sarà possibile, per questo, effettuare nuove estrazioni in mare. Nella campagna elettorale del 2016 il neo premier Meloni voleva abrogare la legge sulle trivellazioni, in difesa dell’ambiente e del mare, dicendo che le concessioni erano un aiuto ai "poteri forti", oggi, che è al governo diventano “necessari ad aumentare l’approvvigionamento".
I numeri dei pozzi di gas e petrolio e le concessioni attuali in Sicilia - In Sicilia, gli impianti di produzione sulla terra ferma per l’estrazione di gas naturale e olio greggio sono 101: 44 per il gas naturale e 57 per lil petrolio. In mare, nella zona marina C non ci sono impianti per l'estrazione del gas ma sono 28 quelli per estrarre il greggio. Il dato è presente nel databook 2022 dell’ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse del ministero della transizione ecologica, che riguarda l’attività del 2021. Per quanto riguarda i titoli minerari sulla terra ferma, al 31 dicembre 2021 in Sicilia sono stati rilasciati 6 permessi di ricerca per una superficie di 2.794,12 chilometri quadrati e 13 concessioni di coltivazioni per 567,47 chilometri quadrati. In mare invece i permessi sono 4 in zona marina C (755,87 chilometri quadrati) e 2 in zona marina G (652,58 chilometri quadrati), mentre per le concessioni di coltivazione 3 in zona C (404,51 chilometri quadrati) e 1 in zona G (145,6 chilometri quadrati). Riguardo la produzione di gas naturale, la Sicilia ha avuto una flessione dell’1,35% sul 2020 (164,61 milioni di metri cubi). Nel 2021, infatti, ha prodotto 162,39 milioni di metri cubi, che incide per il 4,64% sul totale nazionale. In mare, invece, nella zona marina C, 4,06 milioni di metri cubi nel 2020 e 3,71 milioni di metri cubi nel 2021, cioé -8,62% e o,11% di incidenza sul totale nazionale.
Il NO del sindaco delle Egadi che annuncia battaglia contro le trivelle - "Sarà lotta dura - dice il primo cittadino di Favignana -. Non consentiremo il saccheggio del mare e la devastazione dell'ambiente". "Dopo la scelta di realizzare tre parchi eolici offshore al largo di Marettimo e di Favignana, ora anche l'annuncio della ripresa delle attività di trivellazione, finalizzata all’estrazione del gas, nel mare delle isole Egadi, come scelta del nuovo Governo. È per noi inaccettabile. La consideriamo una provocazione, l’annuncio di un crimine contro l'ambiente, l'economia e lo sviluppo di un arcipelago che costituisce la più grande Area Marina Protetta dell'Europa. Favignana, Levanzo e Marettimo, con la loro storia e il loro ambiente, rappresentano un patrimonio naturalistico per l'intera umanità. Il Governo troverà l'opposizione più netta delle nostre istituzioni e della popolazione. Chiediamo a tutti i deputati, nazionali e regionali, della provincia di Trapani, di assumere una posizione di dignità a difesa di uno dei mari più belli della Sicilia e dell'Italia. Anche la Regione Siciliana, l’Ars e le associazioni ambientaliste devono pronunciarsi e aspettiamo parole chiare anche dal Ministro del Sud e del Mare Musumeci. Sarà una battaglia dura, ma non permetteremo a nessuno il saccheggio e la distruzione del nostro patrimonio marino e naturalistico, della nostra economia, della vita e del futuro delle nostre isole".
Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia: "Decreto Sblocca trivelle non è soluzione per crisi energetica - L’annunciato emendamento sblocca trivelle del Governo sembra avere l’unico scopo di perpetuare e rilanciare la presenza e l’attività delle piattaforme offshore di estrazione degli idrocarburi scardinando gli attuali vincoli normativi a tutela dell’ambiente, delle popolazioni costiere e dell’economia del mare, che vietano le trivellazioni nell’Alto Adriatico (a causa del rischio subsidenza) e, lungo tutte le nostre coste, nell’area offlimits delle 12 miglia marine dal perimetro esterno delle aree protette e dalle linee di costa".
Lo sostengono Greenpeace Italia, Legambiente e WWF che osservano come l’annunciato emendamento al “decreto aiuti” -se confermato- sia nella sostanza un regalo alle industrie petrolifere estrattive, in primis all’ENI, mentre il vantaggio per le industrie energivore, annunciato dal Governo, appare essere del tutto marginale e sulla strada sbagliata rispetto agli impegni per la decarbonizzazione dell’economia assunti dall’Italia su scala globale dato che favorisce la fornitura e l’uso di una fonte fossile come il gas a prezzi agevolati.
C’è poi da notare, aggiungono gli ambientalisti, che il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee - PITESAI, elaborato dal Ministero della Transizione Ecologica approvato nel settembre 2021 e sottoposto alla Conferenza Stato-Regioni nel dicembre 2021, riconosce e ribadisce i vincoli e non si trova traccia di quanto annunciato in questi giorni dal Governo sulla possibilità di riammettere a produrre le concessioni esistenti in Alto Adriatico e di prevedere il rilascio di nuove concessioni tra le 9 e le 12 miglia.
Infine, osservano gli ambientalisti, le motivazioni alla base della decretazione d’urgenza relative alla sicurezza degli approvvigionamenti sono inconsistenti dato che il nostro fabbisogno annuale di gas si aggira attorno ai 76 miliardi di metri cubi e che la produzione annuale di gas nazionale pesa attorno ai 3-5 miliardi di metri cubi l’anno e, secondo le stime del governo, l’incremento atteso con l’emendamento sblocca trivelle è di 15 miliardi di metri cubi in 10 anni, cioè 1,5 miliardi di metri cubi l’anno, che sarebbero equivalenti solo all’1,9% del fabbisogno nazionale.
Aumentare le trivellazioni in mare significa aggravare quella crisi climatica che la stessa Presidente Meloni ha pienamente riconosciuto e si è impegnata a combattere nel suo discorso di apertura della COP27 a Sharm el-Sheik. Riaprire alle trivellazioni in mare, sottolineano gli ambientalisti, significa continuare con lo stesso identico modello energetico che ha prodotto la crisi energetica e climatica e che ha comportato già più insicurezza, sofferenze e perdite economiche per cittadine e cittadini del nostro Paese. La transizione energetica, basata sulle fonti rinnovabili e il risparmio e l’efficienza energetica, sviluppo tecnologico e creazione di nuovi posti lavoro offre, invece, il set di soluzioni necessarie per superare l’attuale situazione di crisi.
“Siamo certi- commentano le associazioni- della sincera volontà della Presidente del Consiglio Meloni di tener fede agli impegni recentemente presi occasione della COP27. Ma per abbattere le emissioni climalteranti non abbiamo bisogno di nuove trivelle ma di un nuovo Piano nazionale Integrato Energia Clima (PNIEC), che tenga conto dei nuovi target europei (REPowerEU), e dell’approvazione di una legge sul clima su cui basare le urgenti scelte politiche che sia capace di creare un confronto con la comunità scientifica”.
Legambiente Sicilia: No alle Trivelle, Sì all’eolico off-shore - Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia, nei giorni scorsi è entrato in polemica e replicato al sindaco di Favignana, dicendo No alle Trivelle, ma Sì all’eolico in mare. Il presidente di Legambiente Sicilia, Gianfranco Zanna, interviene sulle ultime normative del governo nazionale che sbloccano nuove trivellazioni in mare alla ricerca di petrolio e gas. E, replica ancora alle dichiarazioni del sindaco delle Egadi Francesco Forgione, parla anche dell’eolico offshore.
“Siamo radicalmente contrari a nuove trivellazioni in mare. Anzi, quelle che ci sono devono smettere di pompare petrolio. L’obiettivo che si pone il mondo intero è quello di non usare più combustibili fossili. Li abbiamo usati per 100 anni in maniera indiscriminata e abbiamo portato il nostro pianeta al collasso. Se entro il 2030 non si apportano delle modifiche al nostro modo di vivere, supereremo il punto di non ritorno. I fatti che stiamo vivendo, dalla siccità alle alluvioni, gli incendi ad ottobre, sono legati al cambiamento climatico. Se viene superato il grado e mezzo non ci sarà più speranza. Non dobbiamo più bruciare il petrolio e il gas ma utilizzare fonti rinnovabili”. Qui l'intervista completa di Zanna a Buongiorno24, la diretta del mattino di Tp24: