Non sempre quando la magistratura condanna un imputato ad un risarcimento danni in favore delle vittime queste ultime riescono ad incassare davvero la somma. Accade quando l’imputato non possiede nulla. Almeno al momento in cui gli tocca mettere mano al portafoglio.
E’ il caso del 59enne infermiere marsalese Giuseppe Maurizio Spanò, condannato con sentenza definitiva a 9 anni e un mese di carcere per violenze sessuali commesse su pazienti sedati per dolorosi esami diagnostici (gastroscopie, colonscopie, etc.). Alle sue vittime la magistratura ha riconosciuto un risarcimento danni di 20 mila euro ciascuno. Ma al momento di incassare, l’attesa delle vittime era andata delusa. L’infermiere, infatti, è risultato pressoché nullatenente. E per questo, tramite l’avvocato di parte civile Vincenzo Forti, collaborato dal collega Vincenzo Giacalone, due di loro hanno fatto ricorso al Fondo nazionale di garanzia per le vittime di violenze e abusi, che, esaminate le richieste e le argomentazioni del legale marsalese, ha riconosciuto un risarcimento danni di 25 mila euro ciascuno. Ovvero, il massimale previsto dalla legge (5 mila euro in più di quanto riconosciuto dai giudici nei vari gradi di giudizio).
Adesso, anche le altre vittime potrebbero seguire l’esempio e far ricorso anche loro al Fondo nazionale di garanzia. Se sono ancora in tempo.
La condanna di Spanò divenne definitiva nel giugno 2020, quando la Cassazione pose il sigillo sulla sentenza con cui, il 28 novembre 2018, la Corte d’appello di Palermo avallò, aumentando la pena di un mese, la condanna che il primo settembre 2017 fu inflitta all’infermiere dal gup di Marsala Riccardo Alcamo. Teatro dei fatti contestati è stato lo studio medico privato di via Sanità, a Marsala, del noto gastroenterologo Giuseppe Milazzo, per anni presidente nazionale dell’Aigo.
Due i filoni d’indagine confluiti nello stesso procedimento: quello relativo alla prima denuncia sporta da una donna che si risvegliò dalla sedazione prima del previsto e quello avviato per i sei casi di abusi filmati dalle telecamere poi installate dai carabinieri, che il 15 marzo 2016 hanno posto l’infermiere agli arresti domiciliari.
Tra le vittime anche un uomo.