Risalgono al 2012 i primi “veleni” in seno alla Guardia di finanza di Marsala.
Veleni che sono sfociati in indagini lunghe e tortuose, che hanno coinvolto funzionari di spicco delle fiamme gialle di Marsala e non solo. “Veleni” che, come abbiamo raccontato giorni fa, vanno avanti da anni, e che coinvolgerebbero alti funzionari delle fiamme gialle. Si parla di dossier pieni di “carenze e lacune” prodotti da finanzieri che accusavano di una serie di reati un collega. Informative che avevano portato a dei processi nei confronti del finanziere che una volta assolto ha deciso di vederci chiaro e denunciare ciò che avrebbe subito. Poi però le indagini nei confronti di tre finanzieri sono sfociate nella richiesta di archiviazione sulla quale si deciderà a febbraio al tribunale di Marsala.
Ma che ci sia stato, infatti, un certo attrito tra la Compagnia di via De Gasperi e la sezione di pg delle Fiamme Gialle in seno alla Procura è un fatto fin troppo noto. Forse perché è mancata “osmosi” tra i due presidi delle forze dell’ordine. Del resto, non poteva esserci. E questo perché i (pochi) militari al servizio della Procura sono tenuti al più stretto riserbo sulle indagini che conducono. Forse, per semplici e umane gelosie. Probabilmente non lo sapremo mai.
Un primo momento di scontro, pare, sia stato nella primavera del 2012, e tutto per un banale incidente in auto.
Succede che l’auto di servizio “civetta” della sezione di pg della Procura, con al volante il maresciallo (poi luogotenente) Antonio Lubrano ha un piccolo incidente con un’altra auto, guidata da una donna. I danni ai mezzi sono limitati. Lubrano pensa di non attivare tutte le procedure necessarie per il risarcimento danni da parte della compagnia assicurativa, preferendo pagare di tasca sua i danni subiti da entrambe le auto. Questo perché, alcuni mesi prima, dopo un altro incidente, l’attivazione delle pratiche assicurative aveva avuto come conseguenza il blocco del mezzo della sezione di pg per lungo tempo. E l’auto coinvolta nell’incidente della primavera 2012 era rimasto l’unico mezzo in dotazione alla sezione di via Struppa. I militari della sezione di pg non potevano rimanere a piedi e per questo il responsabile della sezione, visto che si trattava di danni per circa 400 euro, preferì mettere mani al suo portafoglio. L’auto di servizio la porta, quindi, da un carrozziere di Petrosino, pregandolo di riparare il mezzo in fretta. Pochi giorni dopo il lavoro era stato eseguito e pagato con regolare fattura. I militari della sezione di pg della Procura, però, vengono poi a sapere che la mattina che hanno ritirato l’auto riparata alcuni loro colleghi della Compagnia di via De Gasperi si erano recati in un ufficio pubblico che era proprio di fronte l’autocarrozzeria e da una da stanza, dopo avere fatto uscire gli impiegati, avrebbero fatto delle riprese video in direzione dell’officina. Quando l’auto della sezione di pg si allontanò in direzione Marsala, anche i finanzieri della Compagnia se ne andarono. Poi, convocarono d’urgenza il titolare dell’officina e i dipendenti, nonché il consulente, per interrogarli a lungo in caserma.
Quando Lubrano lo venne a sapere scrisse una relazione che inviò all’allora procuratore Alberto Di Pisa (deceduto a febbraio) lamentando che l’accaduto poteva far pensare a chi aveva saputo di quelle riprese chissà “quale imbroglio” c’era dietro la riparazione dell’auto. Il procuratore convocò il comandante della Compagnia e gli altri militari che effettuarono il servizio e questi dissero che non stavano affatto filmando i loro colleghi, ma che le riprese erano state effettuate non per controllare i colleghi ma per accertare se nell’officina c’era lavoro nero. Secondo altri investigatori, però, questo tipo di servizio si effettua recandosi all’interno dell’officina, accertando chi è al lavoro e chiedendo tutta la documentazione relativa alle assunzioni. Per vedere, insomma, se i lavoratori sono in regola. Facendo tutti gli accertamenti burocratici del caso. Ma le riprese video fatte da un punto d’osservazione esterno, dall’altra parte della strada, appaiono un modus operandi abbastanza insolito per questo genere di indagini. Pare che all’epoca il procuratore disse, parola più parola meno, ai vertici provinciali della Gdf: “Se avete delle prove di qualche irregolarità, fate denuncia. Sarò io stesso ad ordinare gli arresti. Altrimenti, lasciate in pace i miei collaboratori”.
Sono passati dieci anni e gli strascichi di quegli episodi si registrano ancora oggi.