Ieri il presidente della Regione, Renato Schifani, ha letto in Aula le dichiarazioni programmatiche, le linee di quello che dovrà fare questo esecutivo regionale per i prossimi 5 anni.
Un discorso intriso di promesse, molte speranze e anche abbastanza retorica. Non c’è quello che molti deputati si aspettavano: la discontinuità dal predecessore Nello Musumeci. Un cambio che non è cambio, che procede sulla falsa riga del precedente, subendone spesso anche i dicktat, vedasi Elena Pagana in giunta.
E il fatto che sia pure in accordo con Musumeci lo dicono le dichiarazioni di ieri all’Assemblea: "Nella giornata del 13 Agosto mi è stato chiesto dai leader nazionali e regionali del centro destra di candidarmi alla guida della nostra Regione, in prosecuzione di quella che era stata l’esperienza del governo Musumeci; una esperienza segnata dal dover affrontare gravi emergenze sanitarie con grande determinazione e responsabilità”.
Metterà mani subito alla riorganizzazione della Regione per poi dare vita, velocemente dice, alla stagione delle riforme: “Che da un lato rendano più efficiente la macchina burocratica e decisionale sulle autorizzazioni, dall’altro lato razionalizzino la spesa regionale cosi come ci viene richiesto dalla Corte dei Conti”. Il governatore parla di Sanità, di un suo riassetto, chiede scusa ai malati per le lunghe liste di attesa ma poi allunga la mano verso la sanità privata, a cui anche Ruggero Razza aveva strizzato l’occhio: “La nuova sanità dovrà guardare senza riserve al privato convenzionato, sia ospedaliero che diagnostico, nella consapevolezza che la assistenza sanitaria costituisce una pubblica funzione. Occorre quindi abbattere ogni forma di pregiudizio, sapendo coniugare una leale sinergia tra due mondi che stanno dalla stessa parte: la salute del cittadino. Soltanto cosi potremo anche abbattere le inaccettabili liste di attesa cui sono sottoposti molti pazienti che chiedono ed hanno diritto ad una indagine strumentale e diagnostica immediata per la scelta della terapia”.
Schifani all'Ars per dichiarazioni programmatiche.mp4 from Tp24 on Vimeo.
Poi la promessa delle promesse, che da decenni si sente pronunciare a qualunque presidente: “Occorrerà potenziare la medicina territoriale per evitare il pericoloso intasamento delle strutture ospedaliere, chiamate il più delle volte a prestazioni che avrebbero potuto essere evitate da un filtro di base”.
Il cliché è servito quando si passa alle Infrastrutture: “Si dovranno avviare interventi di ammodernamento e di manutenzione delle strade.Occorrerà assicurare il pieno impiego di tutte le risorse disponibili per la viabilità in Sicilia, per superare deficit, limiti di servizio, problemi legati alla sicurezza ed al progressivo debito manutentivo venutosi a creare nel tempo”. Ma sul Ponte sullo Stretto di Messina non ci sono dubbi: deve essere fatto.
Sono 68 i minuti esatti e 21 le cartelle che ha in mano Schifani, affronta tutti i temi compreso quello del ritorno alla elezione delle Province.
Sui rifiuti pare non ci siano più tentennamenti, via a 2 termovalorizzatori: uno in Sicilia occidentale e uno nella parte orientale.
Sui rapporti con il Parlamento governatore spegne ogni polemica o dubbio: “Questo governo sarà molto attento al Parlamento come dimostra la mia storia personale, io ho sempre creduto nel confronto parlamentare, fa parte della mia storia”.
Ne è seguito il dibattito in Aula e il primo a prendere parola è stato Cateno De Luca, molti i dubbi sulla discontinuità con Musumeci: “Non so se lei ha capito o meno che cosa ha ereditato”. De Luca si riferisce ai conti della Regione e alle variazioni di bilancio e poi riferendosi ai precedenti bilanci: “Il bilancio è stato fatto sulla base di una decisione unilaterale di Musumeci di modificare il contenuto pattizio senza il consenso dello Stato. Lei presidente avrà collaborazione da parte nostra ma saremo violenti su qualunque proposta irricevibile da un punto di vista etico”.
Pragmatico Gianfranco Miccichè e subito attacca Schifani per la continuità con Musumeci: “A lei chi glielo fa fare di stare in continuità con Musumeci, lei perché è qua? Se volevamo Musumeci tenevamo Musumeci. Lei è qui perchè i siciliani volevano il cambiamento: gli assessori di Musumeci non dovevano entrare nel suo governo. I siciliani hanno bisogno di visione, qual è la visione. Come funzionano i Beni Culturali se non c’è una visione?”.
E poi sulla Programmazione come delega a Marco Falcone Miccichè ha parlato di grande errore: “La programmazione è del governatore, è la sua visione, se la cede ad un altro il suo ruolo quale diventa? Quello del presidente del condominio? Lei è il presidente ed è lei che deve avere la visione su quello che si deve fare”. La stoccata ad Armao: “Veniamo da cinque anni di presa per il culo, l’assessore Falcone è più serio del suo predecessore anche se non conosco le sue competenze”.
Infine un consiglio al presidente, sottolinenando prima che lui è e resta in maggioranza: “Faccia il presidente della Regione non il capo corrente, non entri nelle beghe dei partiti, altrimenti perderà altri pezzi”.
Buona parte della maggioranza da Marianna Caronia a Vincenzo Figuccia passando per altri deputati chiedono totale discontinuità da Musumeci. L’opposizione ha parlato attraverso il capogruppo Michele Catanzaro: “Il presidente Schifani parla di Ponte sullo Stretto e di alta velocità, e noi siamo d’accordo, ma prima pensiamo alle cose concrete alle tante strade delle nostre province che ancora oggi sono impercorribili, pensiamo alle infrastrutture che qui in Sicilia servono come il pane, pensiamo alla sanità e non solo a quella privata ma soprattutto a quella pubblica, pensiamo al dissesto idrogeologico ed a come il governo nella scorsa legislatura abbia di fatto cancellato una norma proposta dal Pd che destinava fondi alla tutela del territorio. Siamo pronti al confronto con il governo, ma la nostra opposizione sarà intransigente in assenza di una forte discontinuità con il governo precedente che ha dimenticato le vere emergenze della Sicilia”.
La lunga seduta all’ARS si è conclusa con altri interventi e con una guerra scoppiata in Forza Italia.
Le precisazioni arrivate dal presidente Renato Schifani non lasciano dubbi sul fatto che sia in netta e totale continuità con il suo predecessore Nello Musumeci, lo dice chiaro in Aula: “Difendo l’operato del precedente governo e mi pongo in continuità, rivendico la scelta degli assessori che sono delegati dal presidente della Regione, ma l’indirizzo politico lo do io. Faremo un’operazione di trasparenza dei conti, consentiteci il tempo per farlo.
Poi affronta il nodo Gianfranco Miccichè e parla del partito: “La mia storia è la storia di Forza Italia, dobbiamo guadare avanti, io mi auguro che la maggioranza risponda in termini di compattezza, vanno bene le critiche interne purché non significhi fare venire meno il sostegno”.
Ad avere difeso l’operato di Schifani è stato in Aula il deputato Stefano Pellegrino, che ha anche lanciato delle accuse a Miccichè: “Il presidente Schifani è stato detto è un capo corrente di Forza Italia non è vero, Schifani è Forza Italia, Schifani è uno dei fondatori di Forza Italia, Schifani è Forza Italia, uomo di fiducia del presidente Berlusconi. Micciché deve solo fare pace con se stesso, non è lui che stabilisce chi è di Forza Italia e chi no”.
In tutto questo botta e risposta, difese e militari armati pronti a blindare il presidente Schifani c’è un buco di 8 miliardi alla Regione, la chiusura del bilancio dipenderà molto dall’accordo con il Mef.
La maggioranza in Aula è quella da armi affilate, oltre a Gianfranco Miccichè anche Tommaso Calderone resterà all’ARS rinunciando al seggio a Roma, al posto di Calderone sarebbe arrivata in Assemblea Bernadette Grasso, altra fedelissima di Schifani.